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Salvatore Corsitto

Nell'estate del 1972 mi trovavo a New York. Nelle sale cinematografiche si proiettava il film "The Godfather", tratto dal bestseller di Mario Puzo. L'affluenza di pubblico era enorme. Volli anch'io andare a vederlo. Quel giorno ero nel centro di Manhattan, a Times Square, ed entrai nel cinema più vicino. La sala era strapiena e tanta era l'attesa. Appena iniziata la proiezione, la mia grande sorpresa fu veder comparire sullo schermo, ripreso con un gran primo piano, il canicattinese Salvatore Corsitto. Egli interpretava la parte di Amerigo Bonasera. Sue erano le prime scene del film e sue le prime parole, con quell'esordio emblematico: "I believe in America" (ho fiducia nell'America). Accanto a lui c'era Marlon Brando nelle vesti di don Vito Corleone. A lui si stava rivolgendo Amerigo Bonasera per ottenere vendetta su due giovanotti non italiani, che avevano infierito su sua figlia nel tentativo di disonorarla. Dalla magistratura non aveva avuto giustizia. Il giudice aveva sentenziato che la condanna dei due rei a tre anni di reclusione doveva essere sospesa, perché essi erano di buona famiglia e non avevano precedenti penali. Nel "The Godfather", che ebbe tre premi oscar, l'interpretazione di Salvatore Corsitto, a cui spettò il ruolo impegnativo di dare l'avvio al film, si elevò a livelli di toccante umanità, destando l'ammirazione di Marlon Brando e dello stesso regista Francis Ford Coppola. Gli sgorgarono veramente le lacrime nei panni di Amerigo Bonasera, mentre raccontava a don Vito Corleone in che stato aveva visto la figlia all'ospedale. La descriveva così: "Aveva due occhi neri. Il suo naso era rotto, la sua mascella fracassata". Ed era un pianto vero quello di Amerigo Bonasera, mentre diceva: "And i wept" (e io piansi). Per tale magistrale recita il New York Times, nella sua recensione cinematografica, citava Salvatore Corsitto tra gli attori che si erano particolarmente distinti. Tornato da New York una sera d'autunno dello stesso anno 1972 incontrai Salvatore Corsitto in Corso Umberto. Non ci eravamo mai visti prima, perché egli nel 1950 era emigrato negli Stati Uniti. Gli dissi di avere assistito al film e mi complimentai con lui. Ma egli rimase un po' incredulo, poiché "Il Padrino" in Italia non era ancora arrivato. Gli spiegai allora dove l'avevo visto e gli riferii il compiacimento che avevo riscontrato negli spettatori americani. Egli, nella sua modestia, non si esaltò gran che. La modestia, infatti, e la riservatezza erano due sue caratteristiche fondamentali. Dopo il successo riscosso con il film "Il Padrino" avrebbe potuto proseguire in quella sua brillante carriera di attore, ma preferì restare ritirato nella tranquilla quiete della sua dimora canicattinese, fino alla morte, che lo colse ottantaseienne il 6 aprile 1999. Era nato a Canicattì il 9 gennaio 1913. Fin da piccolo aveva dimostrato particolare interesse per il teatro. La sua vocazione era calcare le scene. Si era inserito con entusiasmo negli anni giovanili nella filodrammatica comunale diretta dal ragioniere Antonio Bonsangue. Aveva potuto in tal modo mettere in mostra le sue doti naturali di abile attore. Ma non aveva voluto limitarsi al dilettantismo. Si era impegnato a perfezionarsi e aveva scelto a tale scopo l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica di Roma. In questa scuola di alto livello aveva trovato compagni, che sarebbero diventati attori molto famosi, come Vittorio Gasman e Ubaldo Lay. Con la sua preparazione accademica e con il suo naturale talento si era messo subito in luce a Canicattì, specialmente in occasione del "Mortorio", che, specie nella prima metà del Novecento, aveva in città un seguito enorme di appassionati spettatori. Con Salvatore Corsitto recitavano, in questo dramma della passione di Cristo, Angelo La Vecchia. Diego Martinez, Giuseppe Maira, Diego Farruggio, Antonio Cassaro e Federico Curto. A primeggiare era proprio lui, Salvatore Corsitto, che si era formato all'Accademia di Roma. E toccava a lui anche il compito di regista. Perciò fu una grave perdita per Canicattì. quando nel 1950 si imbarcò per gli Stati Uniti d'America. Ma egli tenne sempre stretto nel suo cuore l'affetto per la città natia. E in essa egli volle terminare i suoi giorni e riposare in eterno.

Diego Lodato








solfano@virgilio.it

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