Le ragioni di Sciascia Cronaca di un Nobel negato di Pietro Macaluso
Presentazione di Adelfio Elio Cardinale
Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università dì Palermo
Una coincidenza fortuita e occasionale. Una vecchia casa ereditata; la curiosità di rovistare tra cimeli, vecchi libri, cartelle di documenti raccolti e legati con lo spago; antiche casse di legno polverose, contenenti materiale ignoto. L'analisi successiva permette il ritrovamento di preziosa e rara documentazione che riguarda la vicenda di una ingiustizia scientifica. Il caso - quasi un giallo - del dr. Antonino Sciascia da Canicattì, medico ideatore della fototerapia e inventore di uno specifico apparecchio medico-terapeutico, il fotocauterio. Da queste premesse nasce il libro di Pietro Macaluso " Le ragioni di Sciascia".
II volume principia con il seguente motto; " Quando il tempo avrà cancellato la presenza dei protagonisti, le carte ne racconteranno la storia". Nulla di più vero. Ricordando le parole di Giovanni Spadolini - statista, grande storico, eminente professore che affermava che l'archivio ha assolto la funzione istituzionale di luogo centrale della ricerca storico — scientifica e di laboratorio, ove l'alacrità nel conservare i documenti si sposa con il fervore degli studi sulle carte. Appare coincidenza simbolica il fatto che l'opera di Macaluso venga data alle stampe quest'anno. Per decisione di molti e importanti governi il 2007 è stato implicitamente dichiarato l'anno delle investigazioni scientifiche e diviene non disutile dare un'occhiata alla vita e alle disavventure di Antonino Sciascia.
Un fioco laboratorio; uno scritto dimenticato; un'idea; un'intuizione; un grafico polveroso; un'antica testimonianza. Nella realtà siamo eredi di quelle epoche, di quelle discussioni, di quelle concezioni. In definitiva le conoscenze di oggi devono qualche cosa a quelle del passato. Un saggio su una antica storia che è anche una saga, una narrazione che fa conoscere idee, uomini e fatti che hanno fatto avanzare la scienza biornedica e anche la concatenazione degli eventi. Si tenta di porre in luce la globalità degli sforzi compiuti da pregresse generazioni, per ampliare e consolidare il dominio della ragione e per arricchire il processo conoscitivo. Per vero l'importante azione della luce nei riguardi degli organismi viventi era nota fin dall'antichità: è possibile infatti riscontrare l'impiego della luce, a scopo curativo, già in Orizabo, Eroderò, Ezio, Galeno.
I presupposti dell'azione fototerapica della luce erano stati intuiti nel 1769, da Lazzaro Spallanzani: questi - sacerdote, professore di Pavia, considerato uno dei più illuminati fondatori della biologia moderna - aveva ipotizzato l'azione battericida della luce solare; ma, in particolare si deve a Maleschott, nel 1855, l'aver fissato in alcuni assiomi il concetto dell'azione biologica della luce.
Fu soprattutto un medico siciliano, Antonino Sciascia, a indagare - sistematicamente, sperimentalmente, clinicamente - l'azione biologica e terapeutica dell'energia luminosa. Sciascia - tarchiato, fronte spaziosa, occhi acuti ma buoni, barba austera e profetica, colto e sempre aggiornato sui progressi della scienza medica - studiò in maniera profonda e coerente l'applicazione terapeutica della luce, con uno speciale strumento di sua invenzione - brevettato nel 1894 - che dissociava, selezionava e graduava l'energia di radiazioni dello spettro luminoso. Nel 1892 diede comunicazione della sua invenzione in un congresso internazionale di oftalmologia; reiterò il resoconto delle sue esperienze, nel 1894 a Roma, in un congresso medico internazionale; nel 1902 pubblicò un piccolo trattato sulla materia, dal titolo " La fototerapia" . Purtroppo, ancora una volta , uno scienziato siciliano fu penalizzato e il Nobel per la medicina, nel 1903, fu assegnato al danese Niels Ryberg Finsen, con la seguente motivazione: " Per il suo metodo di trattamento delle malattie, specialmente del lupus vulgaris, per mezzo di raggi di luce concentrata". Finsen, nato nelle Faeroer o "isole delle pecore" era un medico gracile e clorotico, professore di anatomia il quale si era appassionato di elioterapia, in quanto, esponendosi al pallido sole del nord, aveva notato di trame benefìcio, sentendo il suo cagionevole corpo ristorato. Finsen aveva iniziato le ricerche sulla fototerapia solo nel 1897. Aggiuntivamente è da notare che Finsen era presente, da semplice uditore e iscritto, al convegno di Roma, ove Sciascia aveva presentato le sue scoperte. Forse per sopravvenuto scrupolo di coscienza e onestà, Finsen - in una conversazione avuta a Berlino, dopo il Nobel, con il professor Cirincione, direttore della cllnica oculistica dell'Ateneo di Roma - disse che " riconosceva e ammirava francamente nel dottor Sciascia il creatore della fototerapia, alla quale seppe dare consistenza di vera scienza".
Con amarezza sovviene la lucida analisi di Giuseppe Pitrè - maestro di etnologia e tradizioni popolari, medico e intellettuale
- che nel 1902 scrisse " nella storia generale delle scienze mediche, la Sicilia comparisce di rado".
Tale questione antica ricorre di continuo - ricordando Leonardo
Sciascia che alla domanda " come si può essere siciliani? " -
affermava che si imponeva una sola possibile risposta " con
difficoltà".
In tale cornice storica, scientifica e culturale va inquadrata la
vicenda umana e professionale di Antonino Sciascia, precursore
e sperimentatore d'ingegno, nel quale una delle più pregevoli
caratteristiche consisteva nell'aver saputo raggiungere risultati
importanti, con impiego di mezzi semplicissimi. Idee nuove e
brillanti quelle di Sciascia, ma non adeguatamente riconosciute
dalla comunità internazionale e dai sodalizi influenti.
Il libro si propone di rendere giustizia a Sciascia e alla verità
scientifica.
E' veramente apprezzabile nell'Autore la ricca presentazione di
nuovi e importanti documenti e l'acribia nella raccolta degli
stessi.
Ogni affermazione trova riscontro nelle carte d'archivio, molte
delle quali per la prima volta ritrovate e annotate.
Un affresco del mondo di quel tempo, sempre alla ricerca del
vero. In filigrana si annotano le diatribe e le lotte di primato
accademico - ancora oggi sempre attuali - come quelle che
ebbero a protagonisti due eminenti figure della cllnica di fine
'800, quali Baccelli e Maragliano; nonché uno squarcio politico
tra fine '800 e inizio del '900, il secolo breve, con personaggi
come Crispi, Luzzati, Cedraro, Anna Kuliscioff, Giolitti, dì
rilievo nazionale, oltre a importanti personaggi della politica
regionale come Gangitano, Guarino Amelia, Colajanni, La
Loggia e la loro vivace dialettica.
Nel libro si embricano tematiche forti e complesse: libertà e
tolleranza, etica e bioetica, medicina umana, fìsica per
traguardare all'epistemologia e gnoseologia.
Tali rimandi e intrecci culturali sottendono una concezione
dell'essere non mimetica, modellata sulla corrispondenza tra il
pensiero e il mondo.
Su queste premesse si delinea l'archetipo dell'uomo di cultura
valido per ogni tempo: colui che mette al servizio della
comunità il proprio sapere, che usa le proprie capacità per far
muovere e trasformare la vita di tutti, per aiutare il progresso
della società.
Oggi si registra lo scarso peso della cultura e della scienza e
l'impegno assai limitato - spesso con rotazioni sprezzanti -
della politica ad ascoltarne la voce.
Per contro proprio l'incidenza del sapere scientifico e delle sue
applicazioni condiziona e incalza la consapevolezza storica, la
riflessione etica e l'educazione umana.
Un contributo alla verità. Un equilibrato sforzo di collocare
Antonino Sciascia nel Pantheon siciliano degli uomini di scienza. Questa la sintesi del volume di Macaluso, al quale va la mia attestazione e il mio augurio.
Il medico di Canicattì ha avuto, in vero, numerose attestazioni
postume, come per esempio il capitolo a lui dedicato da Gaetano
Savatteri, nel libro di grande successo " I siciliani ", del quale
mi piace ricordare il paragrafo finale: " II dottor Antonino
Sciascia gli (a Finsen) sopravvisse per altri vent'anni, forse con
una certa amarezza o forse con l'animo sereno di chi ha imparato, in una lunga esistenza, che non si può vincere il Nobel se si nasce a Canicattì "