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LA SAGRA DELL’UVA IN CANICATTI’




La Sagra dell’uva è stata istituita dagli agricoltori canicattinesi, i quali, con evidente intento propiziatorio, l’hanno dedicata a S. Diego Patrono di Canicattì. Si svolge tra la fine di settembre ed i primi di ottobre e « costituisce un appuntamento al quale non si può mancare ». (Giornale di Sicilia del 23-9.1984).

In effetti la coraggiosa e intelligente iniziativa risale all’ottobre del 1973 ed è in gran parte legata alla tenace volontà dell’allora sindaco Giuseppe Guareri di promuovere ed istituire la la Sagra dell’uva.

Scrive il prof. Calogero Montanti che aprendo i lavori di un convegno tenutosi nei locali delle ACLI, il sindaco Guarneri affermò che « l’Amministrazione Comunale, patrocinando la 1” Sagra dell’uva ha voluto dare un segno tangibile di incoraggiamento ai produttori canicattinesi » (1).

Lo stesso prof. Montanti, intervenendo personalmente, dopo avere ricordato che la finalità per cui si andava ad istituire la Sagra « era quella di far conoscere l’Uva Italia per favorirne la commercializzazione », aggiungeva che era necessario credere « nel lavoro e nell’operosità dì coloro che hanno reso più fertile la nostra ubertosa terra con la radiosa prospettiva che la nostra città per l’impegno dei viticultori canicattinesi che rappresentano una forza fattiva dì progresso diventi sempre più tenace e forte, più intraprendente e laboriosa ».

La 1° Sagra si svolse all’insegna anche de! folklore e della musica e alla presenza di migliaia di persone che gremivano la piazza IV Novembre.
Ed inoltre premi e concorsi, recitals e manifestazioni a carattere culturale a fare da ricco contorno ad una festa che già nel suo sorgere raccoglieva entusiastici consensi e qualificate adesioni a tutti i livelli.

La Sagra da allora si è rinnovala ogni anno a ricche dosi sempre di nuove iniziative quale, ad esempio, quella di istituire un « Premio giornalistico nazionale », reclinatasi in occasione della 4” Sagra dell’uva, o di fare sfilare per le vie cittadine i carretti siciliani provenienti da Sciacca, Raffadali, Camastra, Racalmuto e Agrigento.

Nella ricorrenza della 6° Sagra, svoltasi dal 16 al 22 ottobre del 1978, sotto la presidenza dell’allora sindaco on.le Nazareno Vitali, venne formato un comitato esecutivo della festa che risultò composto dal presidente cav. Raimondo Gangitano, dal segretario organizzativo professore Calogero Montanti e da dieci consiglieri, tra i quali il dott. Giuseppe Di Fede, direttore generale della Banca Popolare Siciliana.

Ancora quest’anno in cui ricorre la 12° edizione della manifestazione, la Sagra continua a svilupparsi intorno « a carri allegorici, danze, canti, carretti addobbati, manifestazioni sportive ».

Protagonista in senso assoluto è comunque l’uva, che viene generosamente esposta nei carretti, sulle bancarelle, nelle vetrine dei negozi. A tale riguardo, un premio speciale è stato istituito sin dal 1973 per la migliore vetrina, quella cioè che meglio di ogni altra riesce a dare il senso simbolico della Sagra che ruota intorno a questo meraviglioso prodotto della terra.

Dicono a Canicattì che la Sagra è portatrice di buone speranze e che anche se non a tutti i produttori va ugualmente bene, essa nel complesso ha acquistato “ un significato esorcizzante ».

L’Uva Italia si produce nei vigneti di ben vcntidue Comuni dell’agrigentino e del nisseno, ma Canicatti ne è il cuore, il centro di massima produzione. Si tratta di circa 20.000 ettari di terreno nella maggior parte coltivati col sistema a tendone, per una produzione di circa 4.000.000 di quintali (1983), che per un buon 50% trova sbocco nei mercati nazionali ed esteri.

In tale direzione recentissima è l’apertura di un nuovo canale di esportazione in direzione U.S.A.. dove però l’Uva Italia può essere esportata non prima di novembre, per non entrare in concorrenza con l’uva californiana, e prima dell’arrivo di quella cilena che giunge verso la fine di gennaio.
La Siciltrading, che ha contattato tutti i produttori di Uva Italia ha avuto risposta affermativa solo dalla CO.CE.ME. Sicilia che ha sede a Canicatti. Essa è infatti l’unica in grado dì assolvere alla condizione tecnico-igienica di sottoporre il prodotto che deve essere esportato, alla fumigazione di bromuro dì metile. Altra difficoltà che bisogna risolvere da parte degli organizzatori è quella del trasporto: quello marittimo, infatti, crea problemi di tempo; quello aereo, di contro, il problema dei costi, tenuto conto che si è costatato che il prodotto non può essere venduto sui vari mercati americani ad un prezzo che superi le duemila lire a chilo. Per questa ragione la CO.CE.ME. (Consorzio Centro Mercantile) sta tentando con alcune iniziative coraggiose dì aprire una nuova strada all’Uva Italia: quella del succo d’uva, da imbottigliare e spedire in tutti i paesi d’Europa e specialmente in quelli medio-orientali, dove non si fa consumo di vino e dove, quindi, il « succo imbottigliato » potrebbe aprire frontiere impensate e assai ricche di prospettive. Si è però anche notato che la domanda interna è stata finora poco incoraggiante; potrebbe però trattarsi di un fatto di mentalità che sarebbe necessario creare e incoraggiare soprattutto attraverso un’adeguata azione pubblicitaria capace di mettere in evidenza le ricche e preziose qualità energetiche ed alimentari del succo d’uva.

L’Uva Italia, nel giudizio del sindaco di Canicattì Giuseppe Aronica, «con i suoi diecimila addetti, è da considerare la Fiat del Sud », (Giornale di Sicilia del 28.9.1984), potendo essa infatti rendere non solo ancora più solido il benessere di Canicattì, ma estendere anche a tutto l’hinterland ed a gran parte della Sicilia, i benefici influssi di un sistema economico al quale, in vario modo altri potrebbero collegarsi determinando più vaste condizioni di benessere e prosperità.

Perché ciò si realizzi però sarebbe necessaria la creazione di centri di stoccaggio sui mercati esteri capaci di consentire l’immagazzinamento della merce in buone condizioni, da immettere poi sui mercati a seconda delle richieste. Ciò è reso ancora più necessario dal prossimo ingresso della Spagna nella Cee, che producendo uva molto simile alla nostra, ma sopportando costi minori per la maggiore vicinanza ai mercati internazionali, potrebbe compromettere la possibilità per l’Uva Italia di trovare validi spazi nei grandi mercati europei ed extraeuropei. Ciò potrebbe danneggiare in qualche misura non soltanto le prospettive economiche della cittadina ma anche il mito che intorno al « sistema economico canicattinese » si è creato in questi anni di fiorente sviluppo.

Un sistema, scrive Giuseppe Alaimo, «che non è previsto in nessun manuale ma che pure esìste e funziona benissimo: il segreto del miracolo Canicattì — almeno per molti — rimane ancora da scoprire, noi crediamo di potere indicarne la cause in elementi che vi giocano certamente come l’inventiva, la passione per il rischio; l’intelligenza dei canicattincsi, tutti elementi che prima osservati con prudenza, poi, mano a mano, assimilati dalle popolazioni dei centri limitrofi (I tredici comuni intorno a Canicattì, hanno reso possibile il decollo economico di tutta una vasta zona delle due provincie prima ricordate».

L’Uva Italia costituisce dunque l’asse portante di un sistema economico che ha nel commercio, nell’industria, nell’artigianato e nel sistema creditivo bancario, i poli di maggiore e più incisivo sviluppo.

Una crescita a cui si sono aggrappati ben altri tredici comuni: sei, in provincia di Agrigento (Campobello, Ravanusa, Naro, Camastra, Castrofilippo, Racalmuto), e sette in provincia di Caltanissetta (Delia, Sommatino, Riesi. Montedoro, Mussomeli, Milena, Scrradifalco).

SI tratta di « paesi prima sprofondati nella miseria nera ed oggi da considerare come detentori di ricchezza solida e tale, comunque, da determinare il condizionamento positivo dell’economia in quei settori della piccola e media imprenditoria »

Ciò evidenzia in modo chiaro il rapporto tra la sempre crescente e più diffusa produzione dell’Uva Italia e la contemporanea crescita di altri settori dell’economia dell’hinterland canicattinese, le cui possibilità di sviluppo sono state e restano per molli aspetti legate al prezioso prodotto.

Così, ad esempio, un filo diretto lega la produzione dell’uva con le otto cantine funzionanti e sorte su « basi associative cooperativistiche » Esse assorbono all’inarca la metà del prodotto fatto di uva da mosto e da Uva Italia dì “ scarto », mentre l’altra metà è appannaggio di cantine di altre zone della Sicilia o financo dell’Italia Settentrionale.

Il commercio è comunque il settore che più è stato benificiato dal boom dell’Uva Italia.

Scrive Giuseppe Alaimo che « il maggiore afflusso di denaro (si calcola che gli introiti dovuti alla vendila dell’Uva Italia si aggirino intorno agli ottanta miliardi) ha determinato e determina una maggiore disponibilità di acquisto dì ogni genere. Sono perciò sorti a macchia d’olio negozi di mobili di grosse dimensioni, negozi di sanitari e di materiali per l’edilizia di livello regionale e a livello provinciale, grandiosi depositi di calzature... macellerie, pescivendoli, fruttivendoli,oreficerie e gioiellerie »


(1) C. MONTANTI. La I Sagra dell’Uva, in « Canicattì regina dell’uva” Numero unico, a cura di Angelo La Vecchia e Calogero Montami. L’articolo in questione prende titolo dall’omonimo e fortunato libretto curato dai Prof. La Vecchia e Montami e presentato alle auiortà di Canivcattì il 10 ottbore 1973.


Luigi Lo Bue tratto da: "Sacro e profano di alcune sagre popolari e feste religiose dell'agrigentino" 1985


solfano@virgilio.it


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