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Poesie di Totò Treppiedi

BIOGRAFIA



Totò Treppiedi nasce il 19 Aprile del 1957 ad Enna, da padre poliziotto nella P.S. del ministro Scelba e da madre casalinga. A soli 4 anni viene abbandonato dal padre che va a convivere con un’altra donna a La Spezia. Iniziano qui gli anni difficili della sua famiglia per cui Totuccio ( così viene chiamato da familiari ed amici) viene affidato allo zio materno, mentre capofamiglia diventa la sorella maggiore, Giovanna di appena 14 anni, che lavorando in un centro commerciale chiamato UTIL pensa al sostentamento di tutta la famiglia, l’altra sorella di 11 anni lavorerà nei supermercati “Corbo dopo aver conseguito la licenza media.

Il primo impatto di Totuccio con la “Politica” avviene nel 1971 all’età di 14 anni per un fatto da lui ritenuto una ingiustizia.

A quel tempo frequentava la 3^ media della scuola “Verga” retta dalla preside Signorino e come spesso accadeva le classi erano suddivise in classi di serie A per i figli della borghesia e della “nobiltà” e quelle per il popolino, però i banchi erano fradici per tutti, accadde però che il Lyons nella sua attività “solidale” regalò alla scuola alcuni banchi nuovi che naturalmente la preside con un sorteggio beffa, destinò alle classi di serie A frequentate dagli stessi figli dei donatori.

Totuccio sdegnato organizzò il suo primo riuscitissimo sciopero degli studenti, trovandosi fin d’allora con i suoi coetani a fronteggiare i carabinieri chiamati dalla solerte e fascistissima preside Signorino.

Quello fu il suo primo atto politico alla cui militanza avrebbe dedicato la gran parte della sua vita.

Entrò cosi a far parte del nascente movimento studentesco e della “Comune Proletaria” che poco dopo avrebbe aderito alla più ben nota organizzazione comunista chiamata Lotta Continua.

Da questo momento la vita di Totuccio è votata ad un impegno politico militante e quotidiano, che lo segnerà indelebilmente dal punto di vista sociale e politico nonché culturale e filosofico.

Diventa così al suo arrivo alle scuole superiori leader delle lotte studentesche, scalzando fin dal primo anno le vecchie logiche goliardiche degli studenti più grandi, ed caratterizzando in senso politico il rapporto studenti – istituzioni scolastiche.

Molte saranno le battaglie condotte in quegli anni dal C.P.S. (collettivo politico studentesco) dal carolibri al 6 politico, per una democrazia assembleare, per le interrogazioni di gruppo, per l’integrazione delle lotte studentesche a quelle degli operai e delle altre classi sociali. Una vittoria bella e sofferta dopo numerose “Occupazioni”dell’Istituto Tecnico, fu la costruzione e la consegna della nuova scuola che dalla via De Gasperi si trasferì nei nuovi locali di via Pirandello.

Intanto correva già l’anno 1977 con la nuova esperienza del movimento degli “indiani metropolitani” a cui purtroppo sarebbe seguito lo scioglimento di Lotta Continua, che avrebbe lasciato un vuoto politico ed una sorta di smarrimento interiore in migliaia di militanti e simpatizzanti che avrebbero poi intrapreso percorsi talvolta molto diversi.

Totuccio decide così di aderire al partito di Democrazia proletaria, distinguendosi ancora una volta per la sua determinazione nell’inseguire quella idea di giustizia sociale e di fame di egualitarismo che connoterà sempre ogni sua azione, portandolo a candidarsi per spirito di servizio verso il Partito persino alle elezioni Regionali e Nazionali dei primi anni 80.

Scioltasi anche Democrazia Proletaria ma senza prima avere vissuto delle esperienze esaltanti come Presidente dell’ARCI prima e della Lega Ambiente poi, nel 1985 approda nel P.C.I. dove subito diventa segretario della sezione “ Garibaldi” portandosi dietro quella ventata di rinnovamento che gli era propria.

Qualche aneddoto può sintetizzare il suo modo di fare politica, come quando da segretario ma anche da ambientalista convinto denunciò alle autorità competenti l’uso acque nere di alcuni contadini per innaffiare gli ortaggi, nonostante questi fossero degli iscritti al Partito, oppure quando organizzando il comizio dell’allora segretario nazionale del P.C.I. Natta, pur essendo con lui sopra il palco degli oratori, aveva messo bene in vista sulla piazza degli striscioni contro il “Nucleare” che caratterizzava in quel momento un aspro dibattito interno tra i favorevoli ed i contrari, ( era accaduto da poco il disastro di Cernobyl), l’ultimo aneddoto riguarda il fatto che da segretario della sezione “Garibaldi” costrinse 4 Consiglieri Comunali del Partito a dimettersi per assenteismo, avendosi fatto firmare in bianco le lettere di dimissioni di tutti i Consiglieri da utilizzare al verificarsi di più di 3 assenze continuative non giustificate in Consiglio Comunale, questo è Totò Treppiedi.

Lo stesso che sarà eletto segretario della Camera del Lavoro nel 1987 incarico che reggerà fino al 1995.

E’in seno a questa carica sindacale che si esplica appieno la volontà di seguire a tutti i costi quella che per lui è una ragione di vita, la difesa dei diritti dei lavoratori, dei cittadini, dei ceti meno ambienti.

Innumerevoli saranno le battaglie condotte accanto ai braccianti, agli edili, per l’apertura del nuovo ospedale, con i pensionati,i disoccupati,contro la mafia, per l’ambiente e l’ecologia.

La sua azione politico – sindacale resterà così apprezzata e ricordata come esempio di totale dedizione e di onestà intellettuale, da essere rieletto a distanza di tempo, unico caso nella lunga storia della Camera del Lavoro di Canicattì, ancora una volta, segretario cittadino della C.G.I.L. nel 2006 conducendo l’organizzazione ancora per un anno fino al gennaio del 2007.

Negli ultimi tempi si è pure cimentato nei panni di poeta dialettale “Parnasiano” la sua è una poesia ironica, sarcastica ma “impegnata” laddove riesce a mettere alla berlina “uemini ca s’annacanu quannu caminanu” il Palazzo con le sue Istituzioni, le nuove tendenze, la società dei consumi, ma parla anche di pace, di lotte, di tragedie e lutti. E’ così che nelle 3 edizioni del “Premio Parnaso” finora svoltesi è risultato vincitore della 2^ edizione ed arrivato al posto d’onore nella 3^ edizione. Canicattì Febbraio 2009


Prefazione


Questa breve raccolta di poesie, ha nelle intenzioni dell’Autore, lo scopo di dare un contributo di fatto, al tentativo di rinascita di quella stagione letteraria autenticamente autoctona, rappresentata dallo “Stile Parnasiano” il quale è forse l’unica forma espressiva di cui Canicattì possa vantare per intero la paternità.

Questo interesse è nato dalla felice intuizione dell’allora Assessore alla cultura Giuseppe Cacciato, che caparbiamente volle istituire una rassegna letteraria, inventando il primo “Premio Parnaso” già nel 2004, oggi giunto alla sua 5^ edizione.

L’intento originario, che è poi l’unico e prevalente, era quello della divulgazione e della conoscenza del valore estrinseco di quella stagione “Artistica” ma soprattutto lo strumento per riproporre alle generazioni contemporanee, di riprendere il vernacoliere, lo spirito, la satira puntuale talvolta feroce o bonaria, nonché l’ironia ma anche l’autoironia, che nel tempo l’aveva fortemente caratterizzata.

Tutto questo da un lato per non perdere la memoria di quel periodo e di quei protagonisti, il linguaggio di allora e la sua natura prettamente dialettale della loro produzione letteraria, dall’altro per rimanere fedeli alla natura stessa di quella forma espressiva che trasmetteva, senso e non senso, dipingendo con parole la realtà del tempo cogliendone gli aspetti più strani e particolari, episodi e storie a noi tramandateci sotto forma di allegra goliardia e sana voglia di sorridere anche di fatti allorquando seriosi o totalmente seri.

Il tentativo oggi dovrà essere quello di riproporre la dimensione umana storicamente contemporanea della nostra Cittadina adottando quel “dolce stil novo”che i nostri padri parnasiani ci hanno tramandato, raccontando, noi, quello che oggi accade dal punto di vista della cronistoria del presente.

In piena umiltà e conscio dei miei limiti, da questo punto di vista amo definirmi immeritatamente “cronista in salsa parnasiana”cercando di raccontare in particolare ciò che avviene ad esempio nelle stanze del “Potere” per noi riconducibile alle vicende politiche locali, alle storielle personali o di gruppo, che caratterizzano la nostra vita di tutti i giorni.

Quello che voglio proporre, in ultima analisi, è un clima “Parnaso 2000”che risulti essere un miscuglio tra passato e presente e, perché no, anche di proiezione futura, affinchè la memoria non rimanga tale, ma come un testimone sia afferrato da chiunque voglia oggi cimentarsi a riprendere, nel pieno rispetto dello spirito originario, quella stagione letteraria per riportarla in vita.


Prologu

Caru Paisi / di genti accurturata

sti poesii vi cuntu / nsiemi a na vasata

nun è ca cu sta cosa / mi vuegliu arruffianari

ma socchi pienzu e scrivu / a vui vuegliu cuntari.


Lu tintativu è / puisiari parnasiamenti

di masculi, fimmini, cosi, / fatti e cumportamenti.

Mi piaci taliari fora / tuttu chiddru ca s’arrimina

dannu ntesta a la genti / ca s’annaca quannu camina.


Arrivammu a lu trimila / spiranzusi e tutti cuntenti

pi scopriri ca pò alla fini / nun à cangiatu nenti.

Arristaru ni lu munnu / li ngiustizi e li cosi tuerti

la nuvità è ca alluwin / piglià lu puestu di li muerti.


Basta ora la finisciu / nun vi vuegliu fari nichiari

vi rimannu a li mà poesii / ca vi farannu forsi pinsari.

Lu mà sforzu è di cuntari / socchi vidi lu Signuruzzu

picchì sta vita ca faciemmu / nun avi luna intra lu puzzu.
Lu Balluttaggiu

Si ni vannu finarmenti / a la casa li Cummissari
e ccu iddri si ni vannu / certi stori dunci e amari.
Torna arrieri la Pulitica / di li vasati e abbrazzi
a Sinnacu di lu paisi / si candidaru du carcarazzi.

Una è signurineddra / abbirsata, simpaticuna
Darrieri avi genti di panza / e pulitici cu li c………
l’antru è omu di populu / veru e propriu brualinaru
però avi un difittieddru / parla sulu carcararu.

L’intinzioni è di purtari / lu prugressu a nova vita
si ni vannu a cuntu d’iddri / nun canusciennu la zita,
ma lu populu sciglì /a granni maggiuranza vera
chiddru c’avi li supracciglia / cu la forma di pampera.

Ma un tintu cunsigliu / però ci vinni datu
megliu curriri sulu / ca malu accumpagnatu,
sta cosa ci piacì / si misi un punci ntesta
cussì l’antri ncucchiati / ci ponnu fari a festa.

Passannu pò lu tiempu / si potrà addunari
ca cu mangia sulu / si po’ anchi affucari
è certu miegliu aviri / cumpagnia e cunfortu
picchì è facili passari / di la ragiuni a lu tortu.

Caniattì li 30 Giugnu 2006
Lu guvernu di Caniattì

Ni sti urtimi elezioni / parissi succediri un tirrimotu
la gintuzza ncazzatigna / cangià tuttu cu lu votu,
acchianà un Sinnacu nuevu / di lu populu assai stimatu
ora tutti ccà aspittammu / sarà promossu o rimannatu ?

Vicinu a iddru c’è na quatriglia / fimmini e uemini beni abbirsati
l’annu aiutari ni lu guvernu / ntantu si spartinu l’assissurati.
Ognunu fici li scoli anti / nun mancanu certu di vuluntà
l’auguriu è ca li mpidugli / saprannu risorbiri di sta città.

Vulissi lu cielu ca finarmenti / l’acqua arrivassi tutti li iorna,
miraculu fussi ca lu spazzinu / passassi oi e dumani ritorna,
un viaggiu scanzu a patri Iachinu / truvari li strati senza pirtusa
cu avi bisuegnu darici aiutu / rapiri la porta a ccu l’avia chiusa.

Caniattì li 18 Austu 2006
LU GRAN CUNSIGLIU

Nchiusi a cerchiu in Municipiu / trenta poviri cristiani
tiranu lu sceccu pi la cuda / e s’ammazzanu comu cani
l’mpressioni è ca la mula / avissi a sgravari finarmenti
figliannu tra tanti aspiranti / di lu Cunsigliu lu Prisidenti.

Chiddru è buenu cu li foddri cummatti / ma di na tarantula è muzzicatu
l’antru è nicu avi arti e spirtizza / ma apparteni a un certu passatu
forsi è miegliu in miezzu a tanti / scegliri un bravu carusazzu
ca cu puisia e mudirazioni / lassassi tranquillu a Carcarazzu.

Forsi putissi lu zì Peppi / ncucchiari li testi a na puecu di genti
ma avi lu vetu di li stessi amici / famusi pi aviri la testa vacanti.
Puestu ora nun sacciu / comu sta storia andrà a finìri
ma pi ccu talia di fora / nun è certu na cosa bella vidìri.

Caniattì li 8 Austu 2006
HABEMUS PRISIDENTI

Doppu tantu tribulari, lu Cunsigliu finarmenti,
cu un votu monupartisan, eleggì lu Prisidenti,
nesci di ccà, trasi di ddrà, alla fini c’è d’essiri fieri,
pari avissi cangiatu, cchiù squatri di bobo Vieri.

Cunvoca lu Cunsigliu, cuntrolla l’opra, li muvimenti,
talia l’uecchi di un Cunsiglieri, già sapi chiddru c’avi in menti,
meglia scelta nun si potti fari, finarmenti lu cerchiu quatra,
a reggiri li sorti di lu Cunsigliu, ci vulia un pisichiatra.

D’ora in pò, li cosi andrannu, cu ordini, a passu d’oca,
cu avrà da ridìri, lu facissi, piettu in fora e vuci roca,
finieru li tiempi, di lu burdellu istituzionali,
a mintiri li cosi a puestu, arrivà lu Fidirali.

Caniattì Ottobri 2006

Eletto Presidente del Consiglio fu il Dottor Lalicata.
Lu Bilanciu ovveru Pinzera Macchiavellici

Ora ccà veni lu bellu / lu bilanciu s’avi a vutari
li sordi prima anna a trasiri / pi poi putilli scialaqquari
si in Cunsigliu nun c’è maggiuranza / è inutili ca mi pistu
a na puecu l’aiu a cumminciri / e fari mi tocca quarchi acquistu.

Pi furtuna sugnu autonomu / né di ccà e mancu ddrà banna
si iettu l’esca cu la sarda / cu lu sciauru quarcunu l’agganna
puezzu ràpiri a la destra / e mbarcarimi un du Partiti
e si resta quarchi resca / anchi a sinistra quarcunu mpinciti.

Guvernu di saluti pubblica / ddrà ncapu a li voti veni chiamatu
cu sta mossa ntelliggenti / a la poltrona arriestu aggarratu
ni la storia vuegliu arristari / e la seggia nun la muellu
a li posteri l’ardua sentenza / di sta mpastata di Pirollu.

li 30 di maiu 2007
Lu Sigritariu Ginirali*

Quant’è duru stu travagliu / di Sigritariu Ginirali
uecchi apierti sempri attentu / e nun nesciri di lu legali
Cunsigliu, Giunta e Sinnacu / fannu tutti na mpurnata
chi fatica stu ammuttari / tanti scecchi di muntata.

Pi furtuna lu pariri / alla fini è sempri d’iddru
si però pi casu sbaglia / la testa tiranu comu un gaddru
l’anuri è granni lu stipendiu buenu / ni stu locu cittadinu
ma li cosi assai cangiaru / grazi a lu strunzu di Bassaninu.

Si nun ti guardi darrè e davanti / ti ritrovi in lista d’attisa
cu ducientu culleghi arraggiati / ca ti tiranu la cammisa
porta giudiziu e testa saggia / ni la seggia sta assittatu
ma si c’è propriu bisuegnu / tecchia di coddra e resta attaccatu.

Caniattì diciemmru 2006

* Dedicata al Dottor Giuseppe La Greca.
Lu pusticieddru*

Doppu anni di strammarii / di travagliu e di sirbizza
finarmenti di lu pusticieddru / arrivammu alla cirtizza
pi troppu tiempu fuemmu chiamati / li bravi carusi di lu vintitrì
lu stessu ca ora ni detti n’aiutu / a lu municipiu ristammu accussì.

Partiemmu mischini comu picciotti / pi fari progetti entru l’annu
arrivava po’ sempri na proroga / pi livarini di mezzu lu mpiernu
passaru li iorna li misi e l’anni / la nostra vita iva nvicchiannu
nun c’era prisenti, mancu futuru / nzina la vista ni iva accurzannu

Lu tiempu curriva comu lu sceccu / ca avia pigliatu na beddra pinnina
ccà riestu schiettu, pinsava lu masculu / e la fimmineddra si fa ursulina
forsi è miegliu ca ni maritammu / di ncoddru aviemmu la minupausa
ma na beddra liggi Guvernativa / ni fici vinciri anchi sta causa.

Caniattì Austu 2007
Li figli di patri parrasciu e l’articulu 17. *

Ni sta casa senza Municipiu / succiedinu sempri cosi strani
chiovi spissu banni banni / ni lu pilu di lu stessu cani
cu avi furtuna di aviri lu capu / cu du beddri cabbasisi
si ritrova ad aviri nsacchetta / du stipendi ni lu stessu misi.

Cu nun avi Santi mparadisu / nun ni vidi di stu lusciu
cu nveci è buenu appuiatu / di li grana senti lu scrusciu
ora succedi ca cu travaglia / ammazzannusi comu un mulu
si po’ truvari ngiustamenti / na pezza avanti e l’antra nculu.

Quannu spunta lu suli / l’anticu diciva ca spunta pi tutti
a mia pari ca ccà applicaru / sulu la liggi di lu futti futti
cari signori / si ci su culleghi / c’arristaru senza mpanata
circammu d’essiri giusti / e dammuccilla na beddra ammuttata.


L’Arca di Nuè

Acchianati ni sta varca / senza timuni, dirizioni e mancu funnu
puerci,gaddrini, carcarazzi e cani / vi puertu in giru pi lu munnu
Lu prugettu è di un lumbardu / ca priedica la pirduta sicilianità
comu l’immigrati niuri / c’è puestu pi tutti, la varca si chiama MPA.

Sinnaci e assissura, cunsigliera e scialaccquini /c’è largu a jiri avanti
la paglia pi ccù avi scoli anti / e sutta li capiddri piduecchi e testi vacanti
curaggiu lu puestu c’è pi tutti / picchì lu partitu è ormai granni
a lu puntu ca siemmu spartuti / in tri, quattru o cincu banni.

A lu cunfruntu, la torri di babeli / pariva un poviru cunduminiu
ccà tutti cacammu gruessu / mangiannu sangunazzu e vinu.
Caniattì mai avia vistu / tanta biddrizza cumpitenza e originalità
nzina l’Arabi la ndrizzaru / sta fossa di fangu, chiamannula Al Qattà.

Settiemmru 2008
Li Banneri di cannavazzu

Na vota c’eranu li Banneri / ca si taliavanu quasi chiangiennu
rapprisintavanu spiranzi e idiali / canusciuti in tuttu lu munnu
miliuna di genti a iddri cridiva / comu simbulu di libertà
c’era puru cu avissi murutu / pi cunvinzioni e pi fidiltà.

Pi antri sti cosi sannu di muffa / parlanu sulu di bisiniss e grana
pronti a cangiari Bannera e partitu / si sutta li piedi la terra frana
ni li partiti chistu succedi / ogni vota ca lu vientu cangia
passanu lestu a n’antra banna / picchì mpurtanti è lu mangia mangia.

Povira Italia, Caniattì midemma / cu guverna cerca sulu l’affari sò
spatulianu ammatula senza ritegnu / inghiennu la panza chiossà ca si pò
si sunnu scupruti fannu li gnorri / spargiennu la testa di cinirazzu
ma scritti restanu ni lu libru di storia / comu Banneri di cannavazzu.

Settiemmru 2008
La Spartenza

Pi sta festa San Giuseppi / falignami e travagliaturi
ammiscà lu massariziu / a tutti e trenta li Cunsigliuri
cu pizzina nomi e dati / di l’Arbu ficiru la rascatura
pi mpustari parienti amici / e farici fari li scrutatura.

Leva lu tò nomi e mpila lu miu / picchì 4 mi n’attoccanu
sennò finisci ca li ma amici / quarchi jitu po’ mi stoccanu
ha sarbari l’amicizia / ca poi pi mmia diventa votu
senza chissi mi po’ finiri / di turnari arriè ignotu.

Ora dicu e m’addumannu / com’è ca si po jiri avanti
quannu nmiezzu di li strati / abbunna tanta povera genti
nun era miegliu / mintiri nmanu stu burdellu a la vintura
fussimu tutti cchiù cuntenti / e avissimu fattu bella figura.

Canicattì li 19 Marzo 2008
Li regionali di lu 2008 e la banda di li trummati

Li urtimi elezioni regiunali / di lu dumila e ottu
li candidati caniattinisi / ficiru tonfu cu lu bottu
chiddri ca appizzavanu / manifesti cchiù abbunnati
arristaru cu na pezza nculu, / curnuti e vastuniati.

La cosa assai curiusa / ca eranu tutti accallanati
facivanu la campagna / comu a li supermercati
cu li offerti speciali / 50 euri ogni tri voti
grana ca pi fallimientu / nun furunu cchiù dati.

Chistu era lu pattu / cu zingari e gintuzza scarsa
usannu la pulitica / cchiù peggiu di na farsa
nun mi fazzu miraviglia / di cu si vinnì ppi fami
ma di li galantuomini / ca fannu sti gesti nfami.

Li furstieri appiru successu / e quarchi furtunatu
comu gaddrina “scaliava”/ ni li voti di lu cugnatu
pi jiri a monticitoriu / bastava essiri numinatu
accussì li voti attuccaru / a ccu l’avia ereditatu.

Lummardu ca nun è sceccu / ma spertu e nturciuniatu
sapìa ca li listi d’appoggiu / avissiru fallutu
ma sirvivanu sulu a purtari / acqua a lu so mulinu
lassannu nmucca un uessu / a quarchi poviru mischinu.

Granni fiera battaglia / “Conquista di l’Autonomia”
la stessa ca da sissant’anni / già sta Sicilia avìa
iddri l’hannu guvirnatu / su sempri li stessi genti
si cangianu e si stracangianu / cunfunniennu li menti.

Ci sunnu sempri li figliuezzi / di Gioia e Cianciminu
s’ammuccianu darriè a don Sturzu / li niputi di Manninu
cangianu bannera e partitu / po’ vontanu la foglia
lassannu sta povera terra / nuda, cruda e spoglia.

Caniattì Aprili 2008
Li Pruvinciali di lu 2008

Ora ca li elezioni Pruvinciali / a la fini sunnu arrivati
Prisidenti risurtà elettu / chiddru c’avi l’uecchi sgriddrati,
di li quinnici candidati / ca Caniattì avìa sprimutu
dudici arristaru vastuniati / e quarcunu anchi curnutu.

Piezzi gruessi di novanta / luenghi anchi un metru e vinti
arristaru a lu sipalu / senza puestu e mancu dienti,
(*)cu a sinistra la fiammella / vulìa lassari addrumata
sulu doppu lu risurtatu / s’addunà di la nculata.

Ci fù cu vinnìa li voti / pi favuriri lu linticchieddru
a lu paisanu lu strunzu nchiusu / arristà ni lu vudieddru,
unu però appi successu / aiutatu di la banda granata
ca cu la testa a milingiana / po’fari un chilu di capunata.

L’antru elettu di forza talia /ca lu lardu abbìa a li cani
contrappisu fa a lu dimucraticu / ca un sigritariu avi pi cani
Alla fini di la partita / tra Favara e Caniattì
comu fù Italia – Germania / vincieru iddri quattru a tri.

Caniattì Giugnu 2008
Li fimmini demografici

A lu Municipiu c’è un ufficiu / ca di tutti è assai stimatu
tanta gintuzza druecu ci và / pi spidugliari lu certificatu
ci su tanti fimmineddri / ca s’ammazzanu la vita
anchi si è lu machinariu / ca li scrivi e po’ li fita.
A li nasciti c’è la Sirafina / fimmina seria ma anchi affruntusa
si senti diri quarchi gliommaru / si gira ddra banna circannu na scusa
a latu Parmina sgriddra l’uecchi / si vidi trasìri un omu schiettu
cu sà arriva stu principi azzurru / iu sempri ccà sugnu ca aspiettu.
Alina accurza li nomi a li genti / taliannu sempri l’ura e lu llorgiu
intra l’apettanu figli e maritu / ma duna adenzia anchi a San Giorgiu
Narda Rita ca marita li genti / mintiennuli tutti ni lu stessu liettu
avi sempri un cuntu raputu / cu chiddru vicinu a lu gabinettu.
C’è na signura ca nun è ortaggiu / ma araunisa spagnoleggianti
sempri bbona si fa taliari / cu caminata tecchia ancheggianti
Angilina cu la so età / porta stivala e la gonna plissettata
pari ancora na caruseddra / comu si nuddru l’avissi spardata.
Giuseppina ca è na modella / e ama vistìrisi di sciusciera
si è attillata e viddricu in vista / ti fa nesciri l’uecchi di fora
c’è poi Pruvvidenza ca è accussì / sia di nomi ca di fattu
prontu sugnu a fari scummissa / ca porta la 5^ di reggipettu.
Antonella mischineddra / ca va curriennu comu na dannata
avi caratteri dunci e tranquillu / e ni li modi è sempri garbata
Mariausilia brava carusa / pari ca mangia li pipi spiezzi
e quannu avi li cincu minuti / amaru a cu si trova davanzi.
L’antra Ntonia ca a prima vista / po’ parìri mbarazzatizza
li voti c’è quannu sbaglia / ma c’è anchi quannu ci ntrezza
Lina abbirsata e travagliatura /avi un fari carmu e sirenu
quannu attisa beni li gricchi / di la stazioni senti lu trenu.
La manu strania

Di na certa manu strania, sintiva parlari di carusu,
ni parlavanu arridiennu, ma nun ni capiva l’usu,
quannu versu la cinquantina, mi stuccau la manu ritta,
ricurdannu ddra vecchia frasi, capivu picchì viniva ditta.

M’acchianaru nmenti certi cosi, ca lu parrinu mi cuntava,
quannu nchiusu in cunfissioni, l’armuzza mia svacantava,
lu dimoniu è tintazioni, certi cosi nun si fannu,
ponnu cadiri li manu, annurbari entru l’annu.

Pi furtuna di li carusi, sta diceria fu sbintata,
comu fussi na gazzusa,di tri iorna ristuppata,
si lu parrinu ni lu so diri, avissi avutu tecchia ragiuni,
avissi a essiri uerbu, ciungu, e macari un pò ricchiuni.

Ancora oi pi li parrina, cu si tocca fa gran piccatu,
s’accussì fussi, lu munnu sanu, allu nfernu è cunfinatu,
ma quarcosa a mia mi dici, ca iammu tutti nparadisu,
picchì sapi lu Signuruzzu, a quali piccati dari pisu.

Caniattì Siettemmru 2006
A Steve Seagal

Mallittu mumentu ca / mi ruppi stu punzu
di la motu ittatu nterra / comu fussi nu strunzu
pi furtuna truvavu / un centru “spicializzatu”
unni c’è un carusu / ca veru m’ha aiutatu.

Si minti di viersu / doppu fattu li forni
lu punzu mi macella / cu li palli e dintorni
li chiama aderenzi / s’annu rumpiri pi guariri
ma ntantu arridiennu / li stiddri mi fa vidiri.

Si chiama Andrea / di lu Salentu arricampatu
cu na picciotta di racarmutu / è puru maritatu
vulissi lu cielu / cu lu magneti e cu la scossa
nsiemi a la so tortura / m’aggiustassi puru l’ossa.

Caniattì Diciemmru 2006
La Sigritaria

Davanti a lu computer / lu trafficu dirigi la sigritaria
taliannula però si capisci / ca ittassi tutti sti cartazzi all’aria
avi na vuccuzza ca pari dipinta / di lu gran pitturi Raffaellu
cu tutta sta genti ca và e veni / rinesci a badari a stu burdellu.

Capita spissu ca na signura / risurta tecchia camurruseddra
iddra arrispunni cu un surrisu / e na taliata a rudi vudeddra
si pò li supicchiarii nutili / risurta essiri un masculu a falli
ridi sempri di circustanza / pinsannu “chistu ci rumpi li palli”.

Senza Monica stu carruzzuni / nun putissi iri avanti
picchì stori e cammurrii / ci ni sunnu sempri tanti
pi furtuna la so pacienzia / parissi essiri chiddra di un mulu
finu a quannu na beddra iurnata / nun li manna tutti a fari nculu.

Caniattì Diciemmru 2006
Lu malannu

Da tiempu / darrieri / mi portu/ un malannu
mi scanta lu cutieddru / e allura rimannu
m’alligirissi certu / fastidiu e gran duluri
ci vuennu sempri grana / mallitti e sicuri.

Li spitala bueni / sunnu sulu ppi ricchi
cu sordi n’avi nenti / vali un du di picchi
bonu fussi ppi mia / na vincita a lu lottu
mangiassi cchiù carni / sciampagni cu lu bottu.

Lu sacciu / la curiusità / vi sta mangiannu vivi
stu poviru cristianu / chi motu po’ aviri
vi dicu sulu / ca stannu / ni lu funnamientu
e quannu su di fora / è granni lu turmientu.

Caniattì Settembre 2003
La Mpirmera

Chi vita dura e amara / ca fa la mpirmera
arridiri a li pazienti / anchi china di pinsera
sempri pronti cu la pinnula / e la gnizioni nmanu
trasu malatieddru / ma nun sacciu si niesciu sanu

Da tanti è chiamata / l’angilu di lu spitali
ma ni facissi a menu / senza pinsari a mali
è dunci cuscinziusa / pronta sempri ad aiutari
ma ni scanza lu Signuri / si la fati annarbuliari

È sempri dispunibili / ma si ci veni lu nirbusu
nzina cu la supposta / ti sbaglia lu pirtusu
iu ci vogliu beni / sunnu fimmini cari
in tutti li casi è miegliu / nun avirici a cchi fari.

Caniattì Augustu 2005
Arfiu, cumpari Turiddru e lu dilittu d’anuri

Na matina lu picuraru / abbiava ricotta ni la vascieddra
mentri lu beccu nfallittatu / assicutava na picureddra
mischina scantata iva curriennu / acchianannu nzina li scali
e ci gridava a lu beccu furiusu / l’urtima vota mi fici mali.

Nun fu iu, beddra matri / ssa vota ricordu fu lu picuraru
ca sciarriatu cu so muglieri / propriu cu tia circà riparu.
Vidiennu la scena lu picuraru / cu sangu all’uecchi di gilusia
lu beccu scannà cu lu cutieddru / e lu purtà in carnezzeria.

Ni lu passatu accadiva spissu / anchi ni lu cunsessu umanu
cu ammazzava pi gilusia / si la scanzava codici nmanu
ccà ni nuantri vinìa chiamatu / dilittu pi sarbari l’anuri
lu munnu sanu n’arridìa darriè / patiennu nuantri sti mala figuri.

Caniattì Marzu 2007
Lu sbarcu senza mari

Si senti sempri diri / sbarcaru a Lampedusa li marucchini
a Caniattì senza mari e senza varchi / ni sbarcaru li rumeni.
Viennu mischini, scarpi rutti / muerti di fami, cammisa sgarrata
però si è fimmina bbona / in quattru e quattrottu è maritata.

Ci sunnu tanti vicchiarieddri / di tisu annu sulu lu vastunieddru
ma alla vista di carni frisca / si fannu maritari di lu parrinieddru
lu vistitu pi lu tabbutu / addiventa accussì pi matrimoniu
l’urtimi cuerpi vuennu sparari / prima ca l’arricampa lu porcu dimoniu.

Cu tutti li sfuerzi c’è picca di fari / ccà sta pistola nun voli sparari
allura abbonè chiddru ca si vidi / e ogni tantu tuccari e maniari
li 40 anni di diffirenza nun annu mportanza /lu pattu c’è già
quarchi “sirbizzu” quarchi “carizza” /muriennu ci tocca la virsibilità.

Caniattì Aprili 2005
La moda d’auannu

Auannu la moda / risurta assai curiusa
a forza s’anna bidiri / viddrica e pirtusa
fussi sulu chissu / macari nun fussi nenti
ginsi, causi e vrachi /sunnu puru lienti.

Si è na picciutteddra / cu la maglietta curta
nun fa certu scannalu / né lu bongustu urta
disgustu è si a fallu / è na beddra sissantenni
ca pi sintìrisi carusa / scummoglia li mutanni.

Seguiri lu mudernu / fa fari cosi strammi
ca nzina certi uemini / si radinu li gammi
l’evuluzioni ni purtà / a la pusizioni eretta
ma ora siemmu iunti / a l’era di la ceretta.

Si Darwini fussi vivu / di certu ni studiassi
comu na nova speci / di mintiri ni li nassi
chi mala fini fici / l’omu erectus denuminatu
a lu so puestu c’è ora / l’omu allicchittatu.

Caniattì Giugnu 2006
Lu mistieri cchiù anticu

A li tiempi certi fimmini s’ammintaru / un mistieri particulari
vinnivanu a li genti lu propriu corpu / pi aiutalli a falli sunnari
l’omu circava frineticamenti / socchi la muglieri nun sapìa fari
sti fimmineddri di cori granni / sirbivanu tutti cu picca dinari.

Un scuru mumentu di lu nostru passatu / una di chisti la lapidaru
l’ammazzaru a cuerpi di petra / e di la Badìa l’arrizzularu
ma un picuraru di cori teneru / stu corpu marturiatu lu sippillì
sta fimmina ntisa la Pintalora / lu puestu doppu chiamaru accussì.

A l’acchianata di brualinu / davanti li scoli unni si studia
avia raputu putìa la Pinta / ca pi li mistichi era na ludia
tutti dicivanu “ travaglia bona” / “ti fa vidiri nzina li stiddri”
anchi picchì è di pilu russu / nun sulu miezzu di li capiddri.

Doppu na iurnata di travagliu / quannu calava la siritina
lu viddranu si iva a calliari / intra lu liettu di la zà Catina
c’era sempri una di chissi / ca travagliava in quarchi vaneddra
li cchiù granni sicuru ricordanu / zà Maricchia la Vuccireddra.

Spissu cu fari suspettu / c’era gran fuddra ad ogni ura
davanti la casa di ddra bonarma / di Luvicia la Sunatura
nisciennu di li taverni beddri vivuti / circavanu aria e cu sta scusa
cumminti eranu di sbriacarisi / miezzu li cosci di Caluzza la Sciuscia.

Sugnu cunvintu ca sti fimmini / svulgivanu certu un ruolu sociali
sennò l’uemini turnavanu intra / assatanati comu l’armali
mai a lu munnu un dittu anticu / potti pinsari cosa cchiù sana
ca nun esisti di cchiù ginirusu / di lu gran cori di na buttana.

Caniattì Ottobri 2007
La prima volta*

Brividi lungo la schiena,
tremori alle gambe, respiri affannosi
nel petto il cuore accelerato a mille,
esplosero, miriadi sensazioni in un attimo,
sopraggiunse poi uno stato di prostrazione
tale da desiderare fermare il tempo.
Vidi la luce, attraverso il colore dei tuoi occhi,
scoprii il piacere, in quel caldo,accogliente nido.
Fu così che conobbi l’universo nella sua intima essenza,
divenni uomo nel volgere di un incontro.
Dimenticherò mai quel momento ?
Non ricordo più il tuo volto,
dolce piccola venditrice d’amore.

Canicattì Maggio 2005
Lu lusciu di la matina *

Lu silenziu pisanti di la notti
si cunfunni cu lu iri e viniri di li ma pinsera ,
unici a farmi cumpagnia, ni sti uri senza funnu,
cu ansia aspiettu, ca arriva lu lusciu di la matina.

Lu scuru accumpagna, accupusu la ma sulitudini,
ni stu liettu unni mi votu e mi rivotu senza spranza,
mi bastassi sentiri tanticchia di lu to jatu,
pi inchiri stu spaziu vacanti, di na vita nutili.

Ccu tia vicinu, na vasata, n’abbrazzu strittu,
putissi calliari lu friddu di sti linzola sicchi,
sugnari fussi l’urtima libertà ca m’arresta,
ma intantu agghiorna , mi susu accussì comu mi curcavu.

Caniatti marzu 2003

( Puisia pi un carzaratu )
Lu scantu di lu scuru

Ci fu un mumentu ni stu paisi / ca lu tiempu era scurusu
agghiurnava ogni matina / quarchi cadaviri intra un pirtusu
la Caniattì di li cientu paisa / ca pruduciva prusperità
miezzu na faida si vinni a truvari / ca s’ammazzava senza pietà.

Si scannavanu comu vutieddri / pi aviri lu scettru di lu cumannu
cu avissi vinciutu putìa mangiari / in un lemmu d’oru senza lu funnu
c’era ferocia mai vista a lu munnu / tra cosa noscia e li stiddrari
arrivannu a lu puntu tali / di du magistrati nzina ammazzari.

Ora la mafia pari nfussata / comu na tarpa sutta la terra
finì lu tiempu di la lupara / cu lu cumputer si fà la guerra
povira terra lusciu nun vidi / si nun riconquisti la tò dignità
allura ncucchiati nsiemi luttammu / contru mafia e marvagità.

Caniattì noviemmrru 2004
Gesù e la liberazioni di lu bisuegnu.

Quannu Diu mannà / a so figliu nterra
fu pi nsignari paci / e nun fari cchiù guerra
lu so verbu pridicava / giustizia e umanità
pi liberari l’uemini / da piccati e puvirtà.

Cchiù facili è trasiri / un cammellu ntra na guglia
ca un riccu mparadisu / si un puvirieddru spoglia
lu munnu à sempri statu / cu troppi diffirenzi
cu avi lu ventri chinu / cu nenti ni li panzi.

Mi pari di vidillu / stu poviru Cristu ncruci
sutta c’è so matri / ca chiangi e ca fa vuci
ni dissi ca pi so patri / l’uemini su tutti uguali
funnò la sò Chiesa / pi diffunniri stu idiali.

Ci su tanti parrina / ca lassanu la famiglia
duerminu cu li lebbrosi / intra lietti di paglia
e missiunari stannu / cu ccu mori di fami
scigliennu lu veru modu / pi anurari lu so nomi.

Ora iu m’addumannu / chi diffirenza c’è
si criu a lu Signuri / e a lu cumpagnu “Che”
campari tutti in letizia / e un munnu miegliu criari
prigari è cosa santa / ma s’avi anchi a luttari.

Chistu tanti parrina fannu / in America Latina
unni li genti muerinu / di fami ogni matina
la veru Chiesa è ccà / ni sta nova teologia
pi aviri un munnu giustu / comu Gesù vulìa.

Caniattì Marzu 2007
Storia d’acqua, giarruna e bagneri.

Quannu l’acqua cu lu giarruni / si inchiva ni la funtana
la fatica era tanta / ma avia a serbiri pi na simana
ora ca la scienzia purtà / l’acqua intra li rubinetta
arriva sempri ogni deci iorna / e nchiù si paga la bulletta.

Pi fari ca ognunu paga / sulu chiddru ca si sparda
ni ci misiru li cuntatura / ca nuddru leggi e nuddru guarda
ma siccomi è duvirusu / pagari l’acqua ca nun c’è
la pinsata cchiù ntelligenti ? / nculari a tutti cu lu forfè.

Ora ca callia lu suli / e li sciddri sudari e sculari
si vua stari niettu e pulitu / di li bonzi la jiri accattari
tirannu summa a sta faccenna / siemmu figli di lu prugressu
ma sarbammu ancora l’acqua lorda / pi jittalla ni lu cessu.

Caniattì Lugliu 2006
La munnizza

Si putissiru li nostri muerti / vidìri tuttu chiddru ca ni succedi
la cruci facissiru cu manu manca / e forsi anchi cu li du piedi
cu naschi attuppati girati ddra banna / maniàvamu la munnizza
mentri oi l’assicutanu tutti / picchì è fonti di granni ricchizza.

Consorzi, Impresi fannu la cursa / pi aggiudicarisi gari e apparti
lu populu paga bulletti salati / ma resta lu fietu di cani muerti
di ccà lu cartuni, ddrà li buttigli / poi socchi arristà di lu mangiari
tuttu finisci ni lu munnizzaru / scecchi nuantri ca iammu a pagari.

Sempri cchiù spissu ni capita anchi / ca nun si sapi unni ittari
ncapu li treni allura la mintinu / di ccà e ddrà la fannu viaggiari.
Strittanza ci fu tra mafia e pulitica / cu la camorra e la malavita
mentri la genti comu sempri succedi / resta nculata,futtuta e raduta.

Ni l’Imalaia, munnu spirdutu / unni arrivaru quattru cristiani
ci truevi plastica, lattini di birra / e nzina li scorci di li banani
ni tuttu lu mari na vota pulitu / ci su li pisci ca vannu a benzina
sta terra è ridutta a na fitinzia / puzza ormai peggiu di na latrina.

Caniattì Frivaru 2008
La natura uffisa

Ni li urtimi tiempi / troppu suffriemmu pi la calura
comu arberghi a 4 stiddri / accattammu cundiziunatura
aumenta la bulletta / accanzammu cchiù dulura
giusta è la punizioni / pi aviri uffisu la natura.

Ittammu nill’aria / tanti e tanti di ddri vileni
ca lu bucu di lu zonu / cangià nzina li stasciuni
li gas ammorbanu l’aria / abbrusciammu foresti e vueschi
siemmu tutti purriti d’intra / jammu cadiennu comu li muschi.

In passatu la terra era bbona / si mantinìa ca era n’amuri
tuttu crisciva senza aiutu di nuddru / china era di frutti e sciuri
maturavanu ni lu giustu mumentu / no comu ora ca ci su tuttu l’annu
ni li mangiavamu quann’era lu tiempu / li tasti ora ti fannu già dannu.
Cu li fitufarmaci su bieddri a vidìri / e doppu tanticchia ti fannu murìri.
Nzina li ghiacci ca eranu eterni / si vannu sciugliennu comu caramelli
anchi ccà lu disertu avanza / accattari putiemmu già li cammelli
tantu ficimu tantu dissimu / ca ni stammu ruvinannu cu li nosci mani
accussì faciennu chi ci jammu a cuntari / a la prossima ginirazioni?

Caniattì Austu 2007
Lu Terzu Millenniu

A stu puntu di la storia tirrestri / senza cchiù Cristu né ideolugia
cadì lu muru ma anchi la cruci / nmanu arristammu a l’ipocrisia
li nsignamienti di li nostri viecchi / vannu cadiennu comu li pira
curriemmu sulu pi fari cchiù grana / di la matina sinu alla sira.

Nzina la Cina ca avia a purtari / a la vittoria lu comunismu
lassaru Mau miezzu la merda / e abbrazzaru lu consumismu
terzu millenniu cu li so “liggi”/ cangià macari la razza umana
fimmini cu l’uecchi a miennula / viestinu ora Dunci e Gabbana.

Li nosci figli fannu di tuttu / chianginu, gridanu, fannu casinu
si nun ci accatti lestu curriennu / l’urtimu tipu di telefoninu
li signuri si anchi c’è callu / cu la pilliccia sunnu cchiù beddri
nchiesa preganu Diu / e lu sangu d’armali ci scula a li spaddri.

Chista è l’epica di la produzioni / lu granni saccheggiu di la terra natìa
mentri ancora in tri quarti di munnu / li ricchi mangianu e lu scarsu talìa
dall’Africa all’Asia si soffri la fami / picchì nun c’è nenti di chi mangiari
sta glubalizzazioni ca tutti cantammu / ci porta sustanza o li farà muriri?

Vuliemmu la machina grossa / pi farini abbidiri e fari pumata
lamintannuni ca pi fari lu pienu / di sordi ni voli na carrittata
l’arsoliu finì, priparari putiemmu / sia li citaleni ca li cannili
comu na lumìa la terra è sprimuta / picchì l’omu è di razza vili.

Caniattì Aprili 2006
Ntoniu Saccaru e la bannera russa

Li tiempi di quannu /la fami rignava
nun c’era travagliu / lu pani mancava
carusi chiangivanu / vudeddra nturciuniati
li patri mputenti / comu cani vastuniati.

A guerra finuta / di spranza si campava
bannera russa avanti / a Portella si cantava
un piezzu di turrenu / a furmientu curtivatu
vastava a lu viddranu / pi sentisi biatu.

Ntoniu era picciuettu / avia già cuscenza
basta cu li Baruna / suggizioni / rivirenza
tanti li cumpagni / insiemi si po’ luttari
munnu troppu ngiustu / ora avi a cangiari.

Li terri abbannunati / chiangivanu di raggia
arriva lu comunismu / la genti s’incuraggia
la liggi Gullu è fatta / accunsenti la spartizioni
allura avanti populu / cumincia l’occupazioni.

Si scinni di brualinu / di li cugna / di la vaneddra
davanti c’è la bannera / taliati quantu è beddra
migliaia li cumpagni / ca marcianu arricriati
li primi cuerpi arrivanu / tri / cadinu ammazzati.

Pinsavanu di aviri / raggiuntu l’uguaglianza
e ognunu la so terra / pi inchisi la panza
truvarunu la mafia / li sbirri / li patruna
inchieru sì la panza / di chiummu e pallittuna.

La lotta sarà dura / ma nun ni fa scantari
la cammara del lavoru / iddra / ni po’ aiutari
ntoniu è picciuttieddru /e sapi chiddru ca fa
e doppu sissant’anni / è sempri / ancora ccà.

Caniattì Marzu 2006
La luna russa

In cielu la luna è russa / comu lu sangu di tanti nnuccenti
chianginu lacrimi asciutti /cruvicati senz’ aviri fattu nenti
si ni vannu muti muti / senza scrusciu ne rumuri
comu arbuli abbrusciati / senza cchiù pampini e sciuri.

Pi nun vidiri sta minnitta / miegliu era nun viniri a lu munnu
e sarvari l’uecchi e lu cori / da stu dramma senza cchiù funnu
nfami l’omu ca da Diu / appi in donu sta beddra terra
nun sapi starici in paci / ma prova gustu a farsi la guerra.

Lu terzu millenniu si spirava / na nova vita tecchia pi tutti
ma l’omu cerca putìri, ricchizza / e crea sulu tragedi e lutti
si chista è vita ca scigliemmu / allura è giustu ca iu pinzassi
sta terra è meglia senza l’umanu / e ca vinissi l’apocalissi.

* giorno di fenomeno lunare e di un bombardamento americano in Afganistan con donne vecchi e bambini trucidati.
Natali di sangu

Ni li terri unni Cristu / ni sti iorna vitti la luci
un populu chiangi sangu / e tanti mammi ca fannu vuci
la loru curpa è d'essiri nati / ntra na terra ca ci arrubbaru
pi difennila cu ugna e dienti / li Sraeliani la bummardaru.

In Palestina stannu muriennu / viecchi, fimmini, tanti carusi
n'antra stragi di nnuccenti / cumincià Erodi e progenìa conclusi
senza pani, acqua, e travagliu / ncelu bummi a puestu di stiddri
distrugginu “Chiesi” famigli e casi / nziemmula a tanti picciriddri.

Si chisti canuscieru la pirsicuzioni / comu pottiru farisi aguzzini
cu la “vecchia ragiuni” di la forza / ammazzanu genti comu fussiru cani.
Chista è storia ca si ripeti / vi ricurdati di Sabra e Chatila?
migliaia di muerti miezzu li strati / ammunziddrati cu ncapu na tila.

Cinquant'anni di sta tragedia / ca a nuddru nteressa e nuddru cridi
un muertu “Biancu” vali milli d'iddri / e sulu tannu quarcunu ci vidi.
La verità è ca la ragiuni / è di cu avi l'esercitu cchiù putenti
pi chissu iddri sulamenti sunnu / li cani di guardia di l'Uccidenti.

25 Dicembre 2008
Un niuru Prisidenti

Ah si fussi ancora vivu / ddru poviru Kunta Kinti
pinsassi sicuramenti li miricani su fora di menti
m’arrubbaru ncatinatu / ni la ma bella terra natìa
ma ora c’è ma fratieddru / ca ni lu munnu spatulìa.

Appiru a passari seculi scurusi / fatti di lacrimi e sangu
trattati comu armali d’appagnu / comu puerci ni lu fangu
non essiri umani ma schiavi / di li patruna e di lu travagliu
matina nsira li rini rutti /e custritti sempri a lu stagliu.

Ni li cafè nun si putìa tràsiri / si eranu pi li bianchi
li bus a cediri lu puestu / anchi si eramu muerti stanchi.
Quanti niuri furunu ammazzati / pi pridicari diritti e paci
Luther King, Malcom X / sunnu certu, ora cchiù filici.

Chi fussi chissu lu primu passu / versu la libertà di tutti
li valura di giustizia, paci / accuminciassiru a dari frutti.
Sientu azziddruna / pi chiddru ca pò succediri dumani
doppu anni di lotta / la spranza è ora ni li nostri mani.

La spranza ca lu munnu / possa accussì cangiari
na nova e vera dimucrazia / putiri ora spirimintari.
Dicivanu li granni pinsatura / l’uemini su tutti uguali
tocca a tia Barak Obama / mintiri in pratica chisti ideali.

Caniattì Nuviemmru 2008
A lu Ministru Brunetta cu tuttu lu cori

A lu Ministru Brunetta cu tuttu lu cori.
Chi voli diri aviri un metru e miezzu di lunghizza
lu dicinu l’uecchi e li battuti di la gintuzza
o la curiusità di na beddra caruseddra
ca talia sulu pi scopriri la facchineddra
siddru è veru socchi si dici pi li naniddri
ca l’annu quantu un vrazzu di picciliddri
di tutti li virtù chissa la cchiù indecenti
ma pi la zita certu la cosa cchiù mportanti
Passanu l’anni, li misi, anchi li minuti
truvarisi granni senza essiri crisciuti
pi rumpiri li cabbasisi a li poviri mpiegati
chi mali c’annu fattu sti poviri disgraziati
chi curpa aviemmu si è nicu comu un mulu
ma li malilingui battinu comu un tammuru
pinsannu ca un nanu è na carogna di sicuru
aviennu lu cori troppu vicinu a lu bucu di nculu.

Caniattì Frivaru 2009
Li Funnamenta di la vita.

Si addumanni a un gran filosofu , di la nostra vita qual è lu bagagliu ?
iddru sicuru arrispunni pruntamenti, libertà, canuscenza e lu travagliu .
Tri cosi ca nun si po’ fari a menu , comu la Santissima Trinità è tutt’unu,
si l’addumanni a tanta brava genti , chista è la spiranza c’aspetta ognunu.

La libertà di moviriti , parlari , diri , chiddru ca piensi e ti passa pi la testa
senza lu scantu ca quarchunu cchiù putenti , li tò diritti nega e po’ calpesta.
La libertà di scegliri di la tò vita , comu , quannu , pi unni vuntari e jiri
senza pi chissu scappiddrariti pi campari , a chiddru ca ti duna quattru liri.

La testa china di canuscenza è comu , di l’uecchi la biddrizza di la vista
l’omu avi a sapiri tutti li cosi di lu munnu , sennò comu n’armali resta.
Lu passatu , lu prisenti , lu futuru , tutta la vera storia di l’umanità
sulu accussì un iornu potrà diri , qual è la giustizia e unni è l’infamità.

Chisti su belli paroli e sugnu sicuru ca tutti ccà li cuncurdammu
anchi si spissu la verità è n’antra , e tuttu chistu ni lu sunnammu.
Cu sta liggiennu in tanti lu sapiti , pi fari la ricotta ci voli latti e cagliu
pi dari a l’omu dignità e menti sirena , l’unica cosa è aviri lu travagliu.

Austu 2009 Totò Treppiedi
Cunsiderazioni amari in caniattinisi strittu non accurturatu.

Arridiemmu puru ca aviemmu lu patri babbu.

(Vincitore “Premio Parnaso 19 Dicembre 2005” Totò Treppiedi)

Chistu è un modu pi diri ca c’è picca d’arridiri di sti tiempi,cu un paisi accussì spertu, evolutu, riccu e democraticu, a lu puntu tali, ca pi farisi guvernari, appiru a scinniri tri Proconsoli Spagnoli mannati di Roma: i fratelli Collon, Janez, Ramones e Fernandez.

Giusta fussi la liggi si lu populu avissi committutu cosi tinti, ma lu fattu è ca “chiangi sempri lu bonu pi lu piccaturi”e pi curpa da un latu, di l’innominabili ca faciva e sfaciva chiddru ca vulia, e dall’antru di ddru minghiuni ca cumminannu ddra minghiata, ci detti a lu Guvernu lu lasu di mintirini a tutti ni la stessa varca, accussì ni diettiru na martiddrata ntesta a tutti li Caniattinisi, ca siemmu pi lu 98% babbasuna e sulu lu 2% vastasuna

Aviemmu voglia di fari ora Premi Parnasiani, doppu ca ficimu arridiri tutta l’Italia, tannu, quannu ni cummissariaru, ma anchi prima, quannu ancora era assai numinatu ni la storia comu lu paisi ca nun esisti, a lu puntu tali ca ni lu Cuntinenti, li Cuntinentala pi diri “vaffanculo” dicivanu : “ ma vattene a Canicattì “.

Pi nostra furtuna e pi lu spiritu travagliaturi di li Caniattinisi ca si misiru a travagliari comu scecchi di issaru, ni ficimu canusciri finarmenti pi na cosa bona e dunci, ddra racina italia di Caniattì, unni e gghiè canusciuta e apprezzata finu a quannu la crisi agricola ni cunsumà arrieri.

Ora, stu canali ca ni cadì ntesta, essiri sciugliuti pi mafia, ca mancu la vriogna, a lu puntu ca ni cadieru l’uocchi nterra a lu 98% di li caniattinisi onesti, ca talia casu sunnu la stissa pircintuali di li babbasuna di prima.

Chi figura di tolli, ni tuccà fari, ca pirsinu li nostri murticieddri si rivotanu ni la nicchia, a cuminciari di li Arcadi maggiori e minori ca vulissimu onorari cu sta iniziativa accurturata, aiu la mpressioni ca anchi la scecca di don Decu Martines nun raglia cchiù pi la vriogna.

Ma chi c’è di fari, sapiemmu ca lu populu caniattinisi farà comu sempri,

“calati juncu ca passa la china” e doppu si sa, adasciu adasciu si susi e a dorsu nudu accumincia a travagliari arrè di capu, cu maggiori lena e stannu cchiu attentu a li mpidugli.

Quannu na vota lu zi Caliddru si stuccà un ditu, pinsà subitu ca n’arristavanu ancora novi, lu zappiddruni lu maniava miegliu di prima, comu si avissi in manu un violoncellu cu la punta di fierru, l’unica differenza era ca quannu lu usava si sputava ni li manu, mentri forsi un prufissuri di musica chissu nun lu fa.

A propositu di sputari, mi veni in menti ca ci sunnu na puecu di modi di diri can nun mi quatranu, tipu “nun si sputa ni lu piattu unni si mangia” dicu iu, picchì unu l’avissi a fari sta fissaria, forsi picchì lu brodu di la minestra è picca, e l’antru dittu “nun sputari all’ariu ca ntesta ti torna” ma mi chiedo e mi addumannu, ma iddru chi è babbu, chi fa nun si po’ canziari accussì lu sputu arriva nterra o acchiappa a nantru.

Certi voti mi veni lu dubbiu ca l’Anticu, veru ca era saggiu, astutu e spertu ma falliava macari iddru ogni tantu.

Nun capisciu ad esempiu quannu si dici “ cu futti futti Diu pirduna a tutti”
nun è certu un bell’esempiu pi li carusi ca criscinu sentiri diri sta cosa, allura la genti onesta ca si manteni tali chi è babbasuna? cca cadi lu sceccu e lu Signuri in contraddizzioni, picchì di li du cosi l’una, o putiemmu fari socchi e gghiè e essiri pirdunati, oppuru fari li boni cristiani pi lu scantu di finiri all’infernu, sempri ca chistu esisti.
Nell’àttisa di sciogliri stu dilemma amleticu, spirammu ca armenu la giustizia di l’uomini facissi lu so camminu pi chiddri ca annu fattu cosi tuorti, anchi picchì quannu si dici “ fa beni e scordatillu, fa mali e pensaci”
si lu tintu veni cunnannatu a quarchi annu di carzaru, avi voglia e tiempu pi pinsari. Sugnu perciò cummintu, ca a li nostri carusi bisogna ripetici sempri :

“iunciti cu li miegli di tia e appizzaci li spisi” si sta massima la putissimu allargari a li pulitici, avissimu raggiuntu du cosi mportanti, aviri figli cchiù bravi e forsi un paisi guvirnatu cu onestà e giustizia.
Munnu è, munnu à statu.

(Menzione speciale, 3° Premio Parnaso Dicembre 2006)

Sicilia, furma strana, talia sempri in tri dirizioni,
ni lu munnu pari ca pi iddra, nun ci fussi cullucazioni,
sud e orienti, d’unni arrivaru, li greci e li musurmani,
di lu nord nveci,nurmanni,spagnoli, burbuna e romani.

La storia accumencia, cu lu anticu populu di li sicani,
di la cui canuscenza, siemmu, ancora troppu luntani,
po’ vinniru li siculi, ca ni lassaru sta beddra eredità,
nomu, c’ammu a purtari, finu a chi munnu nun ci sarà.

Chista è terra amara e beddra, ma a na sula cundizioni,
si finarmenti diremu basta, a quarsiasi antra nvasioni,
verità s’avi a diri, ca arcuni purtaru sulu tragedi e lutti,
antri nveci, canuscenzi, ca ancora oi cugliemmu frutti.

Chi diri di li greci, di la loru civiltà, di la loru filusufia,
altrovi si stava ni li caverni, ccà c’era già tiatru , puisia,
templi, anfiteatri, agorà, stori di populi di granni città,
mentri l’Italia patìa ancora, lu scuru di la propria nciviltà.

Pi li romani, fummu sulu un populu babbu di putiri sfruttari,
custruivanu navi cu li nostri arbuli, e lu furmientu poi arrubbari,
la grannizza di Roma, custringiva tutti a fari cchiù sacrifici,
ma li siciliani sulu fami vidivanu, fami niura comu la pici.

Doppu vinniru antri romani, sta vota d’orienti, ntisi bizantini,
vinivanu cu li casci vacanti, si ni turnavanu cu chiddri chini,
sta storia durà un bellu piezzu, la Sicilia uecchi nterra a subiri,
ntantu all’urizzonti, s’affacciavanu, musurmani e capi emiri.

La loru conquista fu ruvinusa, eranu comu cani arraggiati,
ogni battaglia lassava nterra, distruzioni e genti scannati,
quannu finuta la guerra, ni truvammu arrè sutta patruna,
maraviglia!! si dimustraru, essiri miegli, di tanti antri latruna.
Avianu avutu cuntatti cu li greci, cu l’India , cu li sumeri,
di ddra ni purtaru attuli, aranci,ni nsignaru nzina a cuntari,
mentri l’Italia mischina, lu mumentu tristu, di lu mediuevu patìa,
li niuri ni nsignavanu, midicina, matematica e macari astrunumia.

A l’arabi doppu scunfitti, si sustituieru li nordici nurmanni,
u Ruggeru e Fidiricu, si campava senza particulari danni,
lu secunnu fu munarca democraticu , ntesta avia nuevi idei,
seppi fari cunviviri, Cristu cu Maumettu e anchi cu l’Ebrei.

Sutta duminazioni di li ngioini, ca guvirnaru cu pedi e manu,
tantu si ficiru schifiari, da fari scuppiari lu Vespru Sicilianu,
la Sicilia tutta nsemmula, pi la prima vota si ribellò,
a cu nun sapìa diri ciciru, pigliò la testa e ci la tagliò.

Ma la Barunìa traditura, ca di lu populu si scantava,
nvitò li spagnula e li araunisi e la Sicilia ci arrigalava,
li nobili s’arruffianaru, li nuevi patruna appena arrivati,
li poveri nveci arristaru, muerti di fami e scammisati.

Cincu seculi durò sta storia, ni lu munnu la guerra fitìa,
lotti di dinastii, guerri di cent’anni, chista era l’Europa civili,

tantu la Storia e li distini, la “Nobiltà” li scrivi cu toni gintili, lu sangu è di li poviri cristi,custritti a muriri, da sta razza vili.

Eccu, arriva lu tiempu, di n’antra guerra di succissioni,
sta vota li nuevi patruna sunnu francisi, chiamati borboni,
accattati,vinnuti, umiliati, comu armali di soma e d’appagnu,
faciemmu parti senza sapillu, di chiddru ca è un nuevu regnu.

Ora na vuci arriva luntana, parla di patria d’Italia ungiuta,
scinni Garibardi, cu milli cammisi, ca Pilu aspetta a la passata,
forsi chista è la vota bona, ca la giustizia verrà liberata,
scinninu frati di stessu sangu, vuennu l’Italia risurgimintata.

Sta cosa pinsò Gasparazzu, a Bronti è giunta l’ura di la riscossa,
finì lu tiempu di lu feudalesimu, nuddru cchiù ni rumpirà l’ossa,
cussì pinsannu lu populu, giustiziò seculi di angherii e di supprusi,
Bixiu purtava ordini Riali, li dispirati fucilò e ni li galeri, nchiusi.

Ancora na vota, lu sciauru di la giustizia arristà ntappatu,
arrivannu li piemuntisi, pi lu populu nenti avissi cangiatu,
ni darannu un nomi nuevu, “siciliani di l’Italia ungiuta”,
turnammu ad aviri fami, pezzi nculu e nuddru ca t’aiuta.

A la fini di l’ottucientu, parìa ca un lumi s’avissi addrumatu
nascieru li Fasci Siciliani e lu populu stancu s’avia ribellatu
ma lu Putiri e Crispi, mafia e baruna esercitu e cavaleri
li prutagunisti di sta nova spiranza, sbattieru a fetiri ni li galeri

Ma nannu, surfataru anarfabeta, cumbattenti di la granni guerra,
ni lu friddu di la trincea, avia vicinu lu nimicu ntra un parmu di terra,
taliannusi capieru, ca tra un surfataru e un muraturi nun c’è diffirenza,
ma allura picchì, du prulitari si sparavanu ncoddru, senza spiranza.

Na vintina d’anni passaru, lu sangu culava callu callu di la prima carnificina,
quannu un pugnu di foddri, pinsaru, di accuminciari la secunna ammazzatina,
miliuna di muerti stinnicchiati, migliaia di fimmini viduvi e figli senza patri,
muerinu chiddri ca nun annu nenti, Guerra!! sintinziaru li putenti vili e latri.

Anchi chista finì finarmenti, arriva la giustizia suciali e la dimucrazia,
lu fatalismu lassa lu puestu alla spiranza, di li feudi ora si farà pulizia,
allura avanti, è la vota bona, tecchia di terra, a nuantri abbasta e avanza,
cuntrari mafia e baruna, nveci di pani, sparanu chiummu intra la panza.

Ancora oi siemmu cumminti, ca chistu munnu avissi a cangiari,
misimu li piedi ni la luna, nzina comu è fattu Marti iammu a taliari,
pi ignavia, cruvicammu uemini di giustizia, muerti di mafia ni li tabbuta,
seculi passaru, acqua ni li vaddruna, tragedia sicula nun è mai finuta.

Ottobri 2006
Stalliu, Olliu e li Viciprisidenti*

Pi chiuiri finarmenti / sta longa facenna stituziunali
prumuvieru li Cunsigliera / n’antri du gran Ginirali
in pulitica la vilanza / abbisogna pisu e misura
bravi fueru a ndrizzari / sia la stazza ca la statura.

Lu Cunsigliu a la ricerca / di du uemini cu li punza
ammiscaru crapi e cavuli / e ci misiru anchi li trunza
stu paisi malarridduttu / ora avi finarmenti
Olliu e Stalliu ni la poltrona / di li viciprisidenti.

L’accoppiata ca è vincenti / avi la so cumpensazioni
unu leggi e l’antru scrivi / e arrivà la soluzioni
la sira in trattoria / davanti a un bieddru crastagnieddru
unu mangia ni la pignata / l’antru ni lu taganieddru.

La sorti vonzi pi stu paisi / chiangiri lacrimi di sangu
anchi si pari amministrata / di tanti uemini d’antu rangu
ficimu comu lu licatisi / prima vutammu po’si ragiuna
e pi dispiettu a li muglieri / ni sparammu ni li cugliuna.

Caniattì Settiemmru 2007

* Eletti risultarono essere Cilia Luigi e Licata Domenico.
DIE BUSILLIS

Elezioni RSU Novembre 2007
Comune di Canicattì

Doppu sciarri, vastunati, cutiddrati / li dipendenti eleggieru li Diligati
accussì fu furmata la nova RSU / ca gestirà cuntratti e sordi a bagnirati.
Dudici sunnu comu li discepoli / di nostru Signuri ca cu amuri li guida
miezzu c’è comu lu Vangelu dici / chiddru ca tradirà, lu so nomi è Giuda.*

*Lu primu elettu , è cu nun firmà la prugrissioni / pi vindicari l’uffisa dignità
premiatu pi chissu, si purtà appriessu / n’amicu strittu ma di n’antra città.
Lu terzu è carusu “ Seriu “ / facciuelu pi anticu paisi di pruvinienza
lu stessu si dici pi lu quartu / ca all’urtimu cangià bannera e paranza.

Lu quintu elettu maritu di Eva / perciò patri e comu iddru Cainu
futtì lu so cullega campubiddrisi / ca fora arristà comu un mischinu.
Lu sestu gentilomu ca ci piglià / avi na storia intensa e particulari
si fici aiutari di na seggia biniditta / e di na puecu d’amici pitrulieri.

Lu settimu sigillu avi purtanza e nomi / ca pari un veru cavaddru
pi un votu frigà a lu nicarieddru / ca alla fini nun ci purtà nuddru.
L’ottava e la nona / ca nun sunnu sinfonii di Betoven, da musicari
appaiati comu cavaddra / di Cetto La Qualunque si ficiru aiutari.

Lu decimu è bravu picciuettu / à travagliatu e si lu miritava
l’unnicesima è di pasta bbona / si vidìa di comu s’annacava
lu dudicesimu è vurpi vecchia / cunserva saggizza e glori passati
l’urtimi du comu lu gattu e la vurpi / futtieru li poviri stabilizzati.

L’unicu ca pridicava ni lu disertu / sulidarietà,uguaglianza e fraternitati
li nuevi colleghi nun ci diettiru un votu / e tanti viecchi sulu sputazzati.
La cumposizioni di st’assemblea / nun mi fa pinsari a nenti di buenu
la lotta tra poveri nun porta a nenti / è sulu na musica senza lu suenu.

LA PULITICA A CANIATTI'

Ni li banchi di lu Cunsigliu / tutti li Partiti sunnu rapprisintati
chiddri ca di l'Arcu Custituziunali / giustamenti sunnu abilitati,
cu la Liggi di lu “Sbarramentu” / l'era di li partitieddri ora finì
basta ora fari un Partitu gruessu / e ci ni mpili ddra intra da dù a tri.

Puertu l'esempiu di lu nostru Comuni / unni lu Sinnacu è del M.P.A.
di stu Partitu,un terzu l'appoia / un terzu è cuntrariu / e l'antru nun si sa.
In tutti li Partiti la cosa nun cangia / ognunu va appiersu a li so Diputati,
sunnu sutta la stessa bannera / ma ni la spartenza, miegliu stari spaiati.

Pi amuri di verità / spirava ni sta nova mpurnata,di giovani Cunsigliera
di età sù carusi,ma di li viecchi pigliaru / sia li vizia ca li pinzera
Pi fari scarmazzu si parla ora di sfiducia / pi jttari lu Sinnacu fora
“adasciu carù” e si pirdiemmu li gettoni / e quarchi cusuzza ancora?

Forsi è miegliu si ci pinsammu / n'antra tanticchia cchiù sirinamenti
cu sà lu Sinnacu nesci fora la sarda / e cu lu sciauru ni po' fari cuntenti.
Certu na vota li cosi eranu cchiù facili / pi ccu ni la Pulitica ci cridia veru,
Sinistra Comunista, Centru Democristianu,Destra Fascista, ora sulu un puzzu neru.

28 Luglio 2009
Totò Treppiedi
AFRICA


Là dove l’AIDS miete vittime inconsapevoli,

dove la fame condanna gli esseri più indifesi ed innocenti,

dove il primo essere umano si affacciò sulla terra,

dove vivere è una chimera e la morte la sola certezza,

dove basta un solo euro a strappare una vita alla morte per diarrea.


Là dove la giustizia degli umani è stata dimenticata,

dove il sole è più cocente, ma non riscalda l’anima,

dove la civiltà portò solo sfruttamento,

dove milioni di uomini furono strappati dal grembo della loro madre terra,

dove kunta kinte sognava di vivere felice.


Quando questi drammi avranno avuto risposte,

troveranno pace anche le nostre coscienze.


“PACEM IN TERRIS” DEDICATA AI CADUTI DI NASSIRIYA.

( Canicattì Ottobre 2003 )

“ Picchì moriri accussì luntanu ? “
Picchì ?
s’addumanna la matri
cu la morti ni lu cori.
Picchì ?
S’addumanna la muglieri
strngiennu a lu pettu li figli nicarieddri.
Picchì ?
S’addumannanu li picciriddri,
nun capiennu tantu trambustu.

“ Pi la Patria “
Arrispunni lu Ginirali.
“ Ma la Patria nun è cca ? “
pensa cunfusa la matri,
“ chi ci faciva iddru ni lu disertu di la Misopotamia ?

“ Pi lu duviri “
Afferma l’anorevuli.
“ ma nun era chiddru di travagliari e campari la famiglia “
Pensa un po’ sturduta la muglieri.

“ Pi la democrazia “
dici lu Prisidenti
“ ma ci l’ammu a purtari nuantri cu la forza ? “
pensa la genti
o è lu populu ca la scegli e l’abbrazza quannu voli ?

“ Basta ! nun c’è cchiù la guerra, armammuni e partiti “
“ Picchì allura di genti ni mori chissà di prima ?
e nuantri ammu forsi dichiaratu guerra a quarcunu. “
“ Nooo ! mai arrispunninu scannaliati li Pulitici.”

Ma na vicchiareddra anziana di età ma pizzuta di testa
“ nun è ca stammu chiangiennu na guerra dicisa d’antri ?”

E un viecchiu comunista di l’aspettu mpassulutu
“ picciò, Busci voli lu pitroliu, stu piezzu di curnutu !”
chiangi lu giustu pi lu piccaturi e finisci comu a sempri finutu.

Lu duluri è forti e la pena granni assai,
diciannovi cristiani muerti ni la terra di nessunu,
pari ca fussimu turnati a li tiempi di li cruciati.

Partieru chini di spiranza, fieri e bardanzusi,
turnaru senza vita, ni li tabbuta nchiusi.

Cu li mannà ddra ? Picchì murieru accussì luntanu ?

La Pulitica piglià sta dicisioni, sta strata turmintata e beddra,
tantu a chiangiri e moriri è sempri la genti puvireddra.

Si chista allura è guerra picchì la chiamanu paci ?
Lu sapi lu putenti ma ipocrita curpevolmenti…… TACI !!!!!.

LU CASINU DI DONNA CARMELA


C’era na vota na Deputata / ca vonsi livari casini e burdelli,
putìa pinsari ca bastava un Cunsigliu / pi continuari a friquintalli,
chiddru di l’antra sira pi l’acqua nquinata / nun è certu na cosa rara,
scuncirtati di stu tiatru / la genti scappà cu l’uecchi di fora.

Ca l’acqua niscissi di li rubinetta / cu un culuritu nun certu pulitu,
nun lu putìa nigari nuddru / mancu un miraculu di Santu Vitu,
lu stessu ca aspetta tecchia mpazienti / ca quarcunu lu và a visitari,
picchì nuddru à caputu / si calla o fridda / st’acqua all’urtimu si po’ usari.

Vinniru tutti a fari passerella / comu li valletti di Maik Bongiornu,
po’ si misiru a sciarriari, fari vuci / gridannu parulazzi pi contornu,
sunnu tutti ipocriti e strunzi / eranu d’accordu / pi l’acqua privatizzari,
ora fannu li gnorri comu li struzzi / ma nzina l’aria ni vuennu livari.

Caniattì 11 novembre 2009

Totò Treppiedi
Sito di Totò Treppiedi

solfano@virgilio.it

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