Quando la Sicilia passò sotto il controllo dei
Bizantini si intensificò nell'isola il culto dei Santi di origine orientale,
perché, secondo quanto si legge negli Annali della Fulgentissima Città di
Naro, "per inclinazione de' Governadori inviati dall'Imperio Greco,
e per molti Ministri Greci, questa Isola divenne a' Santi Greci molto devota".
Gli Annali si fondano sull'autorità dell'autore della Cronologia Universale della Sicilia, il
quale racconta: «Nella divisione de' due Imperi, essendo rimasta la Sicilia
all'Imperio Orientale Costantinopolitano, governato d'Arcadio, e da' suoi
successori, s'investì d'alcuni costumi de' Greci, mantenendo però tenacemente
nelle azioni, e cerimonie sostanziali
il Rito Latino. Abbracciò parimente il culto, e la divozione a' Santi
Greci, e alle loro Immagini, specialmente a' Santi Nicolò Vescovo di Mira, e
Basilio».
Naro ebbe la sua prima Matrice dedicata a un
santo orientale del IV secolo, San Nicola, vescovo di Mira (detto di Bari,
perché le sue ceneri nel 1087 vennero traslate da alcuni mercanti in tale
città). Anche Caltagirone ebbe la Chiesa Madre dedicata allo stesso santo.
Afferma in proposito l'autore degli Annali:
"Se lo stesso Cronologista mette per segno indubitato dell'abitazione,
fatta da essi greci nella sua Città di Caltagirone l'antico titolo della Chiesa
Madre della Città medesima del S.Vescovo di Mira Nicolò, alla divozione di cui
erano sommamente intenti i greci in quei primi secoli della Religione di Cristo,
quanto maggiormente io predicare posso ciò pella mia Naro, ove oltre di
ritrovare gli stessi Cristiani requisiti, ritrovo ancor la Chiesa fondata
l'anno 396 quando l'Imperio greco governava tutta la Sicilia, come sta
registrato nel Regio ufficio senatorio".
Ora, il fatto che
Canicattì abbia la propria Matrice, fin da quando essa sorgeva nei pressi del
Castello, dedicata a San Pancrazio, un santo di origine orientale, la cui festa
anticamente si celebrava nella data della liturgia greca, unitamente al fatto
che abbia una chiesa consacrata a San Nicola, avvalora ancora di più la tesi
dell'autore del Lexicon, il quale
scrive che Canicattì non è affatto di origine recente ed era già esistente fin
dai primi tempi del Cristianesimo. Il culto di San Pancrazio a Canicattì è più
antico di quanto affermi la tradizione, secondo la quale sarebbero stati i
taorminesi a introdurlo, quando, nella seconda metà del XV secolo, invogliati
dalla licentia populandi di Andrea De
Crescenzio, immigrarono numerosi, diffondendo la devozione verso il loro Santo
Patrono, che era stato primo vescovo della loro città.
Era San Pancrazio nativo di
Antiochia, in Cilicia, regione in cui si sentiva forte l'eco dei fatti
prodigiosi della Palestina sulla vita di Gesù Cristo. Racconta il Gaetani che
San Pancrazio era appena adolescente, quando il padre, attratto dalla fama dei
miracoli del Divino Maestro e infiammato dal desiderio di vederlo, si recò a
Gerusalemme, portando con sé il figlio. Ebbe quindi San Pancrazio la
straordinaria occasione di vedere con i suoi occhi il Redentore. Ritornato ad
Antiochia, ebbe poi modo, "post Christi in caelum Ascensum", dopo
l'ascensione di Gesù al cielo (come si legge in Vitae Sanctorum Siculorum),6
di sentire predicare San Pietro. E da questi venne battezzato, avviato al
sacerdozio e quindi consacrato vescovo.
Nell'anno 40, nel tempo in cui era imperatore
Caligola, San Pancrazio fu mandato da San Pietro in Sicilia come vescovo di
Taormina. In tale città egli riuscì a convertire tanti pagani, tra cui lo stesso
prefetto. Si mobilitarono allora i suoi nemici contro di lui per sopprimerlo.
"Promotore dell'assassinio fu Artagato, adoratore degli dei", scrive
il Gaetani. Egli, con un gruppo di amici, tese a San Pancrazio l'agguato in
casa sua, dove, invitatolo per un banchetto, tentò di costringerlo a baciare un
idolo di legno, idolo che il santo vescovo con un segno di croce ridusse in
pezzi. E ciò gli costò la vita, perché venne immediatamente aggredito con i
bastoni, con i pugni, con i morsi, con le pietre e con le spade. Il suo
cadavere venne quindi occultato in un profondo pozzo; ma, scoperto poi dai suoi
discepoli, ricevette degna sepoltura.
Il Gaetani scrive, quindi, che il suo corpo fu
trovato tramite un segno di luce divina dai discepoli, i quali lo seppellirono
con sommo dolore: «Divinae lucis indicio repertum deinde corpus discipuli
maximo cum luctu sepelivere». E, quanto
all'età di San Pancrazio, dice: "Vixit egregius Pastor ad summam
senectutem, et Traiani principatus initia attigit", cioè arrivò a tarda
vecchiaia e giunse agli inizi del regno di Traiano. Essendo questi salito sul
trono di Roma nell' anno 98 d. C., l'età di San Pancrazio al tempo del martirio
doveva oscillare intorno ai novant'anni.
Canicattì
fu molto sollecita a dedicare la
sua chiesa parrocchiale a San Pancrazio e a celebrarne solennemente la festa: e
ciò avvenne in epoca bizantina, poiché la festa patronale si celebrava
anticamente a Canicattì a luglio, secondo la liturgia orientale, e non il 3
aprile, come invece stabilisce il Martirologio romano. Scrive in proposito il
Gaetani: «De Divo Pancratio latina Martyrologia tum vetus, tum recentius
meminere die 3 Aprilis, Baronius, alijque passim scriptores agiographi. Graeci
vero nono Iulij festum ipsius celebrant» (San Pancrazio i Martirologi latini
sia di vecchia data che di più recente lo commemorano il 3 aprile, come si
legge in Baronio e qua e là in altri scrittori agiografi. Invece i Greci ne
celebrano la festa il nove luglio). I Greci, pertanto, ne celebrano la festa il
9 luglio, perché fanno coincidere tale giorno con la data del martirio:
«Menaea, ac Menologia ad 7 idus Iulias Pancratium aiunt a montanis
interfectum».
Diego Lodato