Mussolini a Canicattì per inaugurare il Monumento ai Caduti
Ai morti della Grande Guerra Canicattì consacrava in Largo Savoia il Parco della Rimembranza, con il Monumento ai Caduti, all’ombra di trecento vegeti pini, ciascuno dei quali portava un nome di essi.
Per l’inaugurazione venne il 10 maggio 1924 a Canicattì Benito Mussolini. Il treno presidenziale giunse alla stazione alle ore 7,20, salutato da ventuno colpi di cannone. Il corteo sfilò per le vie Toselli e Rosolino Pilo, dove, si legge sul Giornale di Sicilia, "davanti l'Edificio scolastico M.Rapisardi stanno schierati circa tremila alunni con il corpo insegnante, in magnifico ordine". E il quotidiano di Palermo aggiunge: "Tutti salutano romanamente il presidente, al quale il prof. Capizzi presenta una graziosa bambina che porge un mazzo di fiori, ricambiati con alcuni baci". In Piazza San Diego Mussolini scende dall'auto e si avvia verso il
Monumento ai Caduti
, ai cui piedi depone una corona e resta per qualche minuto in silenzio. Quindi sale sul palco d'onore, eretto accanto al Parco della Rimembranza, e ascolta il discorso del gen.
Luigi Gangitano. Sceso poi dal podio, va verso le vedove, gli orfani, gli ex combattenti e i reduci, salutandoli tutti. Quando sono le ore otto, risale sull'auto per ritornare alla stazione; "ma - scrive il Giornale di Sicilia - è tale la calca intorno alla vettura, è così grande l'entusiasmo di tutti, che egli preferisce, dopo breve pioggia di fiori, di andare a piedi".
Non fu l'unica venuta di Mussolini a Canicattì: egli il
15 agosto 1937
fu di passaggio dalla stazione con il suo treno presidenziale, da cui scese per salutare la gente che si era raccolta nella piazza antistante.
Opere del Ventennio
Con l’avvento di Mussolini al potere ai sindaci subentrarono i commissari prefettizi e i podestà. Ed era un commissario, il conte Carlo Calvi, a dotare Canicattì nel 1925 di una propria villa comunale, che veniva denominata Villa della Vittoria. Il primo podestà di Canicattì, ten. col. Antonio Curcio, si occupava nel 1927 del restauro del prospetto del Municipio e vi faceva collocare le lapidi del Proclama del Re e del Bollettino della Vittoria.
Nel 1931 veniva completata la Casa del Fascio. Nel 1932 Raffaele Iannicelli portava a termine la costruzione della nuova Torre dell'Orologio, progettata dall'ing. Luigi Portalone. Nel 1935 si inauguravano le Scuole Elementari
"Francesco Crispi"
e la
Casa Balilla
. E nello stesso periodo si costruiva anche la cosiddetta
Colonia.
La venuta di Luigi Pirandello
Un fatto eccezionale merita di essere ricordato: la venuta di Luigi Pirandello il 1° dicembre 1927 a Canicattì per rappresentare al Teatro Sociale i
Sei personaggi in cerca d'autore
, con Lamberto Picasso e Marta Abba e gli altri attori del Teatro d’Arte di Roma.
Fu un affettuoso gesto di predilezione dell'insigne drammaturgo per Canicattì, la quale ebbe così lo stesso trattamento delle grandi metropoli e ne ricambiò la cortesia, conferendogli la cittadinanza onoraria e il diploma del Parnaso, la satirica Accademia canicattinese, che tanto affascinò Pirandello per le sue trovate burlesche e per lo spirito tollerante con cui riusciva a tenere insieme uomini tanto diversi per formazione politica e culturale, per principi, per idee e per carattere: il farmacista Diego Cigna, il prof. C. A. Sacheli, l'avv. Salvatore Sanmartino, il prof. Alfonso Tropia, il sarto Peppipacii, l'avv. Francesco Macaluso, padre Diego Martines, il barone Agostino La Lomia, l'oste don Ciccio Giordano, il dottor Gaetano Stella e tanti altri, tutti uniti sotto l'emblema di un'asina e distinti in arcadi maggiori e minori, con una carriera gerarchizzata a ritroso.
Precursore dei tempi ne era lo statuto, che, come prevedendo eventuali Tangentopoli, prescriveva per i vestiti dei governanti, amministratori e funzionari pubblici l'abrogazione delle tasche tentatrici e per i monumenti degli uomini politici l'adattabilità di teste sostituibili.
La seconda guerra mondiale
Ma veniva di nuovo a mettere tutto in crisi la guerra, il secondo conflitto mondiale. Nel 1943 Canicattì era piena di soldati, di armi e di carri armati: tanti erano gli accampamenti disseminati per le campagne. Disagi e sacrifici ce n'erano per tutti: e i ragazzi erano quelli che maggiormente ne subivano le conseguenze. Alcune scuole erano state requisite per gli alloggiamenti militari, come, per esempio, le Elementari "Mario Rapisardi", i cui scolari si trovarono a sopportare vicissitudini di ogni genere prima di arrivare a concludere l'anno scolastico: trasferimenti da un plesso all'altro, cambiamenti di insegnanti chiamati alle armi ed esplosioni di epidemie, come la scabbia, il tifo e la malaria.
I giorni più drammatici si ebbero nei primi mesi caldi del 1943. I bombardamenti si erano fatti più intensi e frequenti. Venivano colpite le linee ferroviarie, le strade, la stazione; andava in polvere il Ponte Obliquo; restavano danneggiati vari quartieri, e in particolare quelli della
Palma
e del Redentore: quest'ultimo soprattutto, per la vicinanza della ferrovia, per la prossimità della caserma dei soldati di cavalleria e per la presenza dei militari tedeschi, accampati nelle immediate adiacenze agresti. La gente in gran parte era scappata terrorizzata per le campagne, cercando rifugio, là dove poteva, specie nelle grotte; sicché la città pareva quasi un deserto.
Il 10 luglio 1943 avvenne lo sbarco alleato. A Canicattì gli americani entrarono, come scrive Paolo Maltese ne Lo sbarco in Sicilia, il 12 luglio alle ore 15, "dopo che con la loro artiglieria avevano metodicamente martellato da un capo all'altro il paese e le colline a nord di esso, dove si trovavano sin dalla notte precedente le truppe del colonnello Fullriede e i fanti del generale Schreiber".
Norris H. Perkins, allora capitano delle truppe americane, nel suo libro intitolato North African Odissey, edito nel 1995 a Portland (Oregon), racconta che furono i 5000 soldati e i diciassette carri armati della sua compagnia a entrare per primi a Canicattì, protetti dal ruggente boato degli aerei, che squarciavano l'aria, mentre i cingolati avanzavano rullando tra il fuoco dell'artiglieria e gli scoppi delle granate tedesche. Mandato un plotone a occupare la parte sinistra della città, il cap. Perkins puntò con gli altri due verso "the main drag, the Corso Umberto", cioè verso il principale ostacolo, il Corso Umberto.
Racconta in particolare il cap. Perkins: "All'improvviso un bambino attraversò di corsa la strada alcuni metri davanti a me. Il mio equipaggio cessò di sparare e io feci segnale ai carri armati che seguivano di sospendere il fuoco. Il piccolo sfrecciò verso una porta alla mia destra. Una mano si protese ad afferrarlo e a buttarlo dentro, sbattendo la porta". E il cap. Perkins confessa che tale scena, durata appena venti secondi, gli rimase indelebilmente impressa, più d’ogni altra immagine.