Gli americani imposero sulla città la loro diretta amministrazione, ma solo per breve tempo, giacché il 17 luglio insediarono al Comune l'on.
Giovanni Guarino Amella, già segretario dell’Aventino, il quale rimase in carica fino all'8 settembre 1944. E si alternarono poi sindaci e commissari prefettizi effimeri, finché il 10 marzo 1946 si svolsero le elezioni amministrative con il sistema maggioritario. Solo otto consiglieri riportò la DC, mentre ventidue ne ottenne il Blocco del Popolo, che scelse come sindaco il farmacista
Diego Cigna, socialista di vecchia data e tenace giornalista e polemista.
Meno di tre mesi dopo, il 2 giugno 1946, si votava per il Referendum istituzionale. E a Canicattì aveva la meglio la Repubblica sulla Monarchia con circa duemila voti di differenza. Nello stesso giorno, nella competizione per l'Assemblea Costituente, il fronte delle sinistre riusciva a battere ancora la DC. Sul finir del mese, il giorno della festa dei Santi Pietro e Paolo, prendeva possesso della Chiesa Madre come arciprete don Vincenzo Restivo, destinato, per la longevità di carica, a battere il record di tutti i suoi predecessori, compreso quello, rimasto per lungo tempo imbattibile, di padre Francesco Martines, titolare della Matrice dal 1806 al 1853.
Lotte politiche e vicende elettorali
Erano anni, quelli del dopoguerra, di aspre lotte politiche e sociali, che degeneravano talvolta nel sangue, come dimostrano i luttuosi fatti del 21 dicembre 1947, in cui si ebbero quattro morti. Ciò faceva molto temere per il pacifico svolgimento delle elezioni politiche, fissate per il 18 aprile 1948; ma, pur nell'acceso clima di lotta, non avvenne nulla di grave. Per il candidato dei democristiani al Senato nel collegio di Agrigento, che era il canicattinese avv.
Salvatore Sanmartino, fu un gran successo: la DC prese più di novemila voti, contro i poco più di cinquemila del Fronte Popolare di socialisti e comunisti insieme.
Il 20 maggio 1948 il sindaco comunista Francesco Cigna rassegnava le dimissioni e gli subentrava il 3 giugno il prof. Francesco Messina, dello stesso partito, il quale restava in carica fino al 10 marzo 1949. Toccava al nuovo sindaco Carmelo Antinoro, eletto il 19 aprile 1949, fare gli onori di casa alle alte autorità che quattro giorni dopo venivano a Canicattì per la posa della prima pietra dell'Orfanotrofio Maschile "Maria Bonsangue".
Il 19 giugno 1950 tornava a fare di nuovo il sindaco, per un paio d'anni, Francesco Cigna. Sotto la sua gestione amministrativa si procedeva allo smantellamento del
Parco della Rimembranza e al trasferimento del Monumento ai Caduti in Corso Umberto.
Con la competizione amministrativa del 1952 i socialcomunisti perdevano il Comune: la DC otteneva, rispetto ad essi, 1400 voti in più. S'insediava, quindi, come primo cittadino, il 14 giugno di quell'anno, l'avv. Giuseppe Signorino, il quale dava inizio alla lunga serie dei sindaci democristiani. Egli assicurava all'amministrazione del Comune stabilità politica per l'intera legislatura, restando in carica per quattro anni, anche dopo essere stato eletto deputato, nelle liste della DC, all'Assemblea Regionale Siciliana nelle elezioni del 5 giugno 1955. Sotto il sindaco Signorino veniva inaugurato il 28 agosto 1952 l'ampio
Cine-Teatro Odeon.
Il Congresso Mariano e il monumento a Padre Gioacchino La Lomia
Nella seconda metà di ottobre del 1954 si svolgeva in forma assai solenne il Congresso Mariano, che culminava il 23 ottobre 1954 con l'incoronazione dell'Immacolata da parte del cardinale Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo, alla presenza di alte personalità religiose e civili. Ne seguiva attentamente le vicende il periodico canicattinese La Torre, fondato il mese precedente dall'avv.
Giuseppe Alaimo.
Il 31 ottobre 1955, si commemorava il cinquantesimo anniversario della morte di
padre Gioacchino La Lomia. In tale circostanza l'avv. Signorino assumeva l'impegno di erigere al Servo di Dio un bronzeo monumento nel centro della Piazza IV Novembre. Questo veniva inaugurato il 5 agosto dell'anno seguente dal nuovo sindaco, dott. Vincenzo Marchese Ragona, scelto il 30 giugno 1956 dal Consiglio comunale eletto con il sistema maggioritario il 27 maggio precedente.
Due anni prima, nell'ambito del Congresso Mariano, era stato innalzato a Borgalino, nel centro della Piazza Roma, il monumento all'Immacolata, a spese della Cassa Rurale e Artigiana "S. Francesco".
Scempi di opere storiche
Nel 1956 si cancellavano i resti della secentesca
fontana dell'Acquanova. Scompariva così per sempre quanto restava di quell'ammirevole fontana del Seicento, che il duca Giacomo Bonanno Colonna aveva ornato con le statue di Adamo ed Eva, con obelischi, simulacri di fiere, monete e lo stemma della sua famiglia; com'era scomparsa, del resto, nelle immediate adiacenze, l'altra fonte marmorea, che dava inizio a un viale da passeggio verso Naro, lungo un miglio, delimitato in entrambi i lati da alti e ombrosi alberi.
Il 1° giugno 1959 si spegneva improvvisamente a settantaquattro anni nella sua casa di Canicattì mons. Angelo Ficarra, già vescovo di Patti, presule colto e intemerato, avverso a ogni intrigo, costretto anzitempo al riposo da certi politicanti settori delle gerarchie di allora. Di lui e della sua tormentata vicenda terrena narra Leonardo Sciascia nel libro Dalle parti degli infedeli.
Ne hanno riconosciuto la santità di vita i presuli della Sicilia, quando il 16 aprile 1986 si sono dati convegno a Canicattì per onorarne la memoria. Quel giorno si sono inginocchiati dinanzi alla sua tomba nella Chiesa Madre il cardinale Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Palermo, e i vescovi di Agrigento, di Patti, di Caltanissetta, di Siracusa, di Ragusa e di Trapani.
Nuove chiese e scuole
Intanto dal 30 giugno 1956 al 20 marzo 1959 era stato sindaco il dottor Vincenzo Marchese Ragona, a cui era subentrato il dottor Giuseppe Sandonato, rimasto in carica fino al 12 luglio 1961.
Il 20 marzo 1960 veniva consacrata da mons. Francesco Fasola, vescovo ausiliare di Agrigento, la nuova chiesa del rione Acquanova, la
Sacra Famiglia, affidata ai padri vocazionisti del contiguo Orfanotrofio Bonsangue. Tale chiesa il 7 ottobre dello stesso anno veniva eretta a parrocchia. E circa tre lustri dopo sorgeva nel quartiere di Rovitelli la parrocchia di
Maria Ausiliatrice, con una cappella, dal 1976, sistemata in un garage e poi, dal 1979, in un capannone, in attesa della costruzione della chiesa, i cui lavori avevano inizio il 9 dicembre 1984 con la posa della prima pietra. Con l'arrivo dei Salesiani, a cui il 27 ottobre 1991, mons. Carmelo Ferraro, vescovo di Agrigento, ha affidato la parrocchia, si sono ultimati i lavori e si è ampliato l'annesso oratorio, frequentato ogni giorno da centinaia di ragazzi.
Il 29 giugno del medesimo anno 1960 iniziava le proiezioni il Supercinema, i cui lavori di costruzione sulle macerie dell'incenerito Mulino San Giuseppe erano durati tre anni. Il 22 del precedente mese di febbraio l'Istituto Tecnico Statale Commerciale e per Geometri, fondato nel 1951-52 come sezione staccata del "Foderà" di Agrigento, era stato intitolato a Galileo Galilei. Aveva come sede provvisoria l'edificio delle Scuole Elementari
di Via De Gasperi; contava duecentosettanta alunni e ventotto insegnanti, un quinto pressappoco dei docenti e discenti attuali. Si affiancava così al
Liceo Classico "Ugo Foscolo", al quale si sarebbe appaiato nel 1966 il Liceo Scientifico "Antonino Sciascia", dedicato al grande scienziato canicattinese, scopritore della fototerapia e antesignano della disciplina radiologica.
Alternanza amministrativa
Intanto il 6 novembre 1960 si tornava alle urne per l'elezione del Consiglio comunale con il sistema proporzionale. Per la scissione avvenuta all'interno della DC, da cui era nata l'Unione Siciliana Cristiano-Sociale, che conquistava tre seggi, entrava in crisi l'amministrazione, poiché i cristiano-sociali si alleavano con i socialcomunisti, con i quali eleggevano sindaco Francesco Cigna. Ma la Commissione Provinciale di Controllo non convalidava tale elezione, di modo che la crisi si protraeva fino al 12 agosto 1961, quando le sinistre riuscivano a prevalere e a imporre a capo dell'amministrazione il socialista Pasquale Gazzara, il quale si spegneva l'anno seguente, il 29 novembre 1962.
Il nuovo sindaco, il medico democristiano Nicolò Narbone, restava in carica per circa quattro anni, confermato con la giunta di centrosinistra anche dopo le elezioni amministrative del 22 novembre 1964, che assegnavano venti consiglieri alla DC, 12 al PCI, quattro al PSI, due al MSI e uno ciascuno al PLI e al PSIUP. L'incompatibilità di cariche di alcuni membri della giunta costringeva il 30 ottobre 1967 il sindaco Narbone alle dimissioni. A lui succedeva, a capo di un'amministrazione di democristiani e socialisti, Giovanni Asti, per quasi un anno. Per circa un biennio ciascuno s'insediavano poi al Comune Vincenzo Augello, Vincenzo Bonsangue e Giuseppe Guarneri, tutti democristiani; quindi per alcuni mesi e tra varie difficoltà Eugenio Bartoccelli. Ma il 9 luglio 1976 i comunisti riconquistavano il Comune, eleggendo una giunta presieduta da Nazareno Vitali con il sostegno di tutte le forze di sinistra.
Instabilità amministrativa
I democristiani, estromessi per due anni e mezzo dal governo della città, riuscivano il 13 marzo 1979 ad eleggere sindaco Carmelo Sciascia Cannizzaro. Ma questi, dopo appena sei mesi, lasciava la carica a Vincenzo Lo Giudice, che la manteneva per un triennio: e la stessa durata aveva il suo successore, Giuseppe Aronica, fino al 19 settembre 1985.
Nel decennio successivo si succedevano ben otto giunte comunali, in cui si alternavano vari sindaci, Cataldo Manganaro, Vincenzo Lo Giudice, Marco Notarstefano, Giuseppe Aronica, Giovanni Asti, e poi di nuovo Cataldo Manganaro e Marco Notarstefano, con crisi durate anche diversi mesi, fino allo scioglimento del Consiglio comunale e all'insediamento, il 21 febbraio 1994, del commissario Salvatore Di Franco, nominato dall'assessore regionale agli Enti Locali.
Nel frattempo subentrava una crisi generale. Si disfacevano le banche canicattinesi, che con la loro avanzata tecnologia e le agenzie sparse in tutta la Sicilia avevano destato l’ammirazione del Corriere della Sera, tanto da far titolare sulle sue pagine, nell’edizione del 19 maggio 1982, Canicattì / Wall Street. La cessione della Banca Popolare dell'Agricoltura all'Istituto San Paolo di Torino nel 1986, della Banca Popolare Siciliana al Monte dei Paschi di Siena nel 1990, del Banco di Credito Siciliano alla Banca Mercantile Italiana nel 1998, la progressiva estirpazione dei vigneti di uva Italia, la chiusura nel 1992 dei grandi magazzini UPIM, la paralisi dell'edilizia mettevano a dura prova l’intera città.
Il rag. Cammalleri, primo sindaco eletto dal popolo
Il 12 giugno 1994 si votava per la prima volta nelle amministrative con il nuovo sistema, che prevede l’elezione diretta del sindaco. Non avendo nessuno dei candidati raggiunto nel primo turno la maggioranza assoluta, si procedeva, il 26 giugno successivo, al ballottaggio tra il rag. Carmelo Cammalleri di Alleanza Nazionale e il prof. Giuseppe Lanza del Progetto Canicattì, i quali nella prima tornata elettorale avevano ottenuto rispettivamente 8.432 e 8.730 voti.
Risultava eletto il rag. Cammalleri, il quale, come consente la legge, si sceglieva gli assessori da lui ritenuti idonei. L'accordo, però, tra il sindaco e il Consiglio comunale non c'era. L’attrito arrivava a tal punto che quest'ultimo presentava e approvava una mozione di sfiducia. Svoltosi il referendum il 28 aprile 1996, i canicattinesi riconfermavano il sindaco Cammalleri con quasi il settanta per cento dei voti, circa tremila in più di quelli che aveva ottenuto nel ballottaggio di due anni prima.
Il 24 maggio 1998 si tornava alle urne per le elezioni amministrative. I candidati erano Carmelo Guarneri, Antonio Scrimali e il sindaco uscente Cammalleri. Poiché nessuno dei tre riusciva a superare la maggioranza assoluta dei voti, si effettuava quindici giorni dopo il ballottaggio, ma con un colpo di scena: il ritiro da parte di Guarneri della propria candidatura. Rientrava perciò in campo l’ex sindaco Cammalleri. Ma il risultato finale dava vincente Antonio Scrimali della coalizione di sinistra con il 56% dei voti.
Il sindaco Scrimali e lo scioglimento del Consiglio comunale
Con un Consiglio comunale, in cui aveva la maggioranza l’opposizione, il sindaco Scrimali veniva a trovarsi ben presto in grave difficoltà, tanto che non riusciva a ottenere neppure l'approvazione del bilancio. La frattura con i consiglieri del fronte rivale si faceva sempre più profonda, sicché si arrivava di nuovo, come già era avvenuto per il sindaco Cammalleri, alla presentazione di una mozione di sfiducia da parte del Consiglio comunale. E dopo appena diciotto mesi, la sera del 7 dicembre 1999, il sindaco veniva sfiduciato.
Il 3 gennaio 2000 si insediava al Comune il commissario regionale Francesco Marsala. Il suo compito era quello di espletare l'ordinaria amministrazione e avviare la città verso nuove elezioni amministrative. Queste si svolgevano il 16 aprile 2000, con quattro candidati alla carica di sindaco. I democratici di sinistra, i democratici, i comunisti italiani e quelli di Rifondazione ricandidavano l'ex sindaco Antonio Scrimali; l'Udeur, il Ppi e la Lista Dini presentavano Salvatore Palilla; quelli del Polo, cioè Forza Italia, Alleanza Nazionale e Ccd, Gioacchino Lauria; e infine il raggruppamento di destra, vale a dire le liste di Msi-Fiamma Tricolore e di Canicattì Libera, Leonardo Di Stefano.
Le urne davano questi risultati: Antonio Scrimali 47,8%, Salvatore Palilla 28,8%, Gioacchino Lauria 16,9% e Leonardo Di Stefano 6,5%. Restavano quindi in lizza per il ballottaggio Scrimali e Palilla. Il 30 aprile 2000 la percentuale dei votanti raggiungeva appena il 58%. Veniva riconfermato sindaco Antonio Scrimali con il 68% dei voti, mentre Salvatore Palilla otteneva il 32%. E questa volta il sindaco otteneva la maggioranza assoluta nel Consiglio comunale, con diciotto consiglieri su trenta. Sembrava che tutto dovesse andare bene per il sindaco. Nessun consigliere faceva rilevare nel civico consesso anomalie di sorta. Improvviso, pertanto, e inaspettato arrivava il 29 marzo 2004 il mandato di custodia cautelare per il sindaco da parte della Direzione Distrettuale Antimafia.
Il 18 giugno 2004 veniva da Roma il commissario straordinario Ignazio Portelli, viceprefetto in servizio presso il Viminale. La Giunta veniva dichiarata decaduta e il Consiglio comunale si accingeva a rassegnare le dimissioni. Su di esso piombava, in data 3 settembre 2004, il decreto governativo di scioglimento per infiltrazione mafiosa. Ne dava notizia, lo stesso giorno, il commissario dott. Portelli con questo comunicato: "Il Governo oggi pomeriggio ha deciso, per la durata di diciotto mesi, lo scioglimento del Consiglio comunale della Città, avendone accertato l'infiltrazione e il condizionamento della criminalità mafiosa. Tra qualche giorno saranno note le motivazioni di questa misura di rigore, risalenti almeno alle indagini della inchiesta 'Alta Mafia', e saranno noti i nominativi dei tre componenti della Commissione straordinaria, la cui data di insediamento non è ancora stata comunicata. Nel frattempo, l'attuale Commissario, ai sensi di legge, rimane nella pienezza dei poteri conferiti. L'adozione di una decisione governativa di così grave rilevanza non costituisce la criminalizzazione della Città, bensì è lo sforzo e l'impegno assunti dallo Stato per riorganizzare la vita pubblica e per affermare la legalità ed il buon governo".
Il commissariamento del Comune
Giungevano e si insediavano al Comune, il 27 settembre 2004, i tre commissari straordinari: il prefetto Vittorio Vasques, il viceprefetto Filippo Romano e il dirigente Gaetano Ferrante. Il primo di essi, il dott. Vasques, che della Commissione era il presidente, rilasciava questa breve dichiarazione: "Contiamo di instaurare un rapporto di collaborazione con tutti i cittadini per ripristinare in città il senso della legalità. Nei prossimi giorni provvederemo ad attribuire le varie deleghe in modo da iniziare ad operare per il bene della città". Tali deleghe venivano così assegnate: urbanistica, lavori pubblici e appalti al dott. Vasques; polizia municipale, personale e organizzazione al dott. Romano; contabilità e finanza, servizi della città e affari legali al dott. Ferrante.
I commissari si prodigavano a riorganizzare i servizi e gli uffici del Comune, a riordinare il traffico urbano, a dare impulso alle attività culturali, a provvedere ai bisogni delle scuole e a rendere più a misura d'uomo la vita della città. Sotto la loro gestione avevano inizio i lavori di restauro del Teatro Sociale e di ristrutturazione della Villa comunale. Il 9 ottobre 2005 si inaugurava il Palazzetto dello Sport, dotato di tribune per circa mille posti. Erano presenti, insieme con il commissario Ferrante, il presidente della Regione, il prefetto e il presidente della Provincia, il procuratore della Repubblica, il presidente provinciale del C.O.N.I., l'arciprete Restivo e varie altre autorità.
All'inizio della primavera del 2006 arrivava ai commissari del Comune dalla Prefettura di Agrigento il seguente dispaccio: "Come è noto, con DPR 6 settembre 2004, è stata disposta, per diciotto mesi, l'amministrazione straordinaria del Comune di Canicattì ai sensi dell'art. 143 del D. Leg. N. 267/2000. Pertanto, essendo il relativo mandato venuto a scadere il 6 marzo 2006, si deve procedere alla elezione degli organi ordinari di amministrazione in occasione della prima tornata elettorale utile". I politici ne prendevano atto, si organizzavano e si davano da fare per le prossime elezioni amministrative. Queste erano già fissate per l'11 e il 12 giugno 2006.
Le amministrative di giugno 2006 e l'elezione del sindaco Corbo
Le liste presentate per la competizione elettorale amministrativa, che doveva porre fine alla gestione commissariale del Comune, erano quindici, con 388 candidati per trenta seggi. Cinque erano gli aspiranti alla carica di sindaco. L'elettorato si dimostrava particolarmente mobilitato. L'affluenza alle urne era poco più del settanta per cento. Nessuno dei candidati raggiungeva al primo turno la maggioranza assoluta. Una donna del centro-destra, l'architetto Rosa Maria Corbo, otteneva con i suoi 6.990 voti la percentuale maggiore, il 33,1%. Seguiva Vincenzo Corbo con il 32,8% e 6.924 suffragi. Terzo risultava Giuseppe Merlino con il 22,4%, quarto Fabio Li Calsi con il 9,1% e quinto Antonio Di Grigoli con il 2,4%.
Pertanto andavano al ballottaggio del 25 e 26 giugno i due candidati di uguale cognome, ma di parentela diversa e di coalizione avversa: Rosa Maria Corbo e Vincenzo Corbo. Il risultato elettorale era a favore di quest'ultimo, che otteneva il 67,6% e 12.361 voti. Con lui prendevano posto in Giunta i seguenti assessori: Salvatore Cimino, Giuseppe Ferrante Bannera, Vincenzo Guarneri, Antonio Lo Giudice, Liliana Marchese Ragona, Gaetano Rizzo, Luigi Rubino e Giuseppina Terranova. La cerimonia d'insediamento si svolgeva alla presenza del commissario dott. Filippo Romano, il quale consegnava al neo-sindaco la fascia tricolore e si accomiatava da Canicattì con queste lusinghiere parole: "Sono felice di aver vissuto questa esperienza amministrativa in questa città, dove c'è molta gente onesta e laboriosa".