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Avv. Vincenzo Macaluso

Avv. Vincenzo Macaluso. (Canicattì 1824 - Roma 1892), patriota del Risorgimento. Con un audace atto di sfida inalberò il 3 luglio 1859 il tricolore sul Monte La Pietra, "una rocca isolata bianchissima sorgente a cavaliere tra Grotte e Comitini", e diede così inizio a una rivolta che si espanse a macchia d'olio fino a Palermo. Per le sue ardite gesta patriottiche subì tre condanne a morte da parte dei Borboni: dalle prime due lo salvò l'intercessione dello zio Gioacchino La Lomia, ministro della Giustizia del re di Napoli; dalla terza lo liberò Garibaldi, quando giunse a Palermo. Divenuto uomo di fiducia del generale, fu poi, per la sua integrità morale e l'ansia di giustizia, oltre che per le sue convinzioni repubblicane, contrastato dai luogotenenti piemontesi, che ne boicottarono sempre l'elezione al Parlamento.

Foto e didascalie di Diego Lodato



Biografia di Vincenzo Macaluso


Nato a Canicattì il 31 ottobre del 1824 studiò nel paese natale quindi a Girgenti, Catania e Palermo dove conseguita la laurea in legge esercitò l'avvocatura.
Prese parte ai moti del 48 e si distinse nei giorni della Fieravecchia, partecipò alla spedizione calabro-sicula. col grado di capitano d'artiglieria difese valorosamente le bandiere tricolori esposte ai Piani della Corona, pianoro a mezza costa sopra Bagnara Calabra
I patrioti combattenti a Messina traevano conforto dalla vista delle bandiere esposte in terra calabra che testimoniavano il prosieguo della Rivoluzione in quelle contrade. Sopraffatto e ferito dalle truppe del Nunziante, il nostro trovò scampo in Messina, dove malgrado la ferita ad un coscia per mezzo di una barca resagli disponibile dai francesi trasse in salvo molti patrioti tra i quali Giacomo Longo, poi catturato nelle acque di Corfù, per queste azioni fu decorato di medaglia d'argento e nominato da La Farina comandante del Castel S. Giacomo di Licata. In seguito fu trasferito a Termini Imerese. Venuta meno la Rivoluzione ed escluso dall'amnistia fu latitante e condannato a morte in contumacia, graziato per l'intervento dello zio Gioacchino La Lumia, ministro di Giustizia del borbone, si restituì alla professione nel 1851. In seguito per le sue veementi denunce contro gli abusi di Maniscalco, ministro di polizia, fu accusato di fomentare un nuovo moto rivoluzionario e arrestato subì una seconda condanna capitale, la pena fu poi commutata nel confino a Girgenti. In questa città tenne i collegamenti con gli esuli a Malta, diffondendo i giornali clandestini inviatigli dagli esuli Fabrizi e Tamaio. Fu in relazione con Rosolino Pilo, Crispi, Mazzini e con molti altri cospiratori con cui condivise l'ideale repubblicano ed unitario.
Nel 1859, di concerto con Crispi e Pilo, organizzò un rivolta tra i picconieri di Comitini, Grotte, Favara, Racalmuto e Castrofilippo, questa forza doveva convergere a Gibilrossa e quindi a Palermo per accendervi la Rivoluzione, in effetti il 3 luglio del ‘59 la prima bandiera tricolore sventolava sul monte La Pietra in territorio di Comitini richiamando molti rivoltosi, ma l'annuncio della pace di Villafranca fece abortire il moto sul nascere. Alcuni capi della rivolta, tra cui Sciarratta, Lupo, Lo Brutto, Scribani e Maganzi, riuscirono a darsi latitanti, Vincenzo Macaluso fu arrestato e condotto in segreto alla Vicaria di Palermo dove fu sottoposto a dieci mesi di carcere duro, il 20 maggio del 1860 fu emessa la terza condanna capitale, il nostro era appunto in attesa dell'esecuzione quando il 29 maggio con la definitiva vittoria di Garibaldi e la cacciata dei borbonici venne liberato e nominato da Gaetano La Loggia Commissario per la Provincia di Girgenti, in seguito sarà consigliere di prefettura nella stessa città, trasferito a Noto, verrà destituito per la posizione presa sui fatti d'Aspromonte. Nominato Prefetto di Lagonegro si distinse per la brillante campagna contro il brigantaggio, per l'attivazione d'una scuola pubblica e per aver ripristinato dite fontane per l'approvvigionamento idrico della popolazione, il tutto a sue spese. Qualche tempo dopo permetterà in disaccordo con le direttive del Governo, la processione del Corpus Domini e alle reprimende governative risponderà: "Ho fatto per spontaneità ciò che avreste fatto per paura". Inutile dire che arrivò immediatamente la dispensa dall'incarico. In seguito fu ancora consigliere di Prefettura a Caltanissetta e consigliere comunale nel suo paese natale. Fu candidato in parecchie elezioni politiche senza successo, nel trasformismo depretino non c'era più spazio per gli irriducibili idealisti.
È molto probabile la sua partecipazione all'organizzazione dei Fasci Siciliani, movimento che non vedrà nascere perché ufficialmente attivo nel 1893, qualche mese dopo la sua morte.
Vincenzo Macaluso fu anche giornalista, fondò e diresse "La Pietra", un giornale spesso polemico che pubblicò prima a Girgenti e poi a Torino, Firenze e Roma senza mai perdere di vista le problematiche siciliane e girgentane cui diede sempre il massimo risalto. Nel 1885 diresse a Roma per qualche tempo "Le forche caudine" giornale che tirava 130.000 copie. Scrisse e pubblicò numerosi pamphlets tra cui: "La vita e il processo del sordomuto Antonio Cappello"; "Mafia rurale e delinquenza politica in Sicilia"; "Appunti di mia vita", oggi irreperibili; "Rivelazioni politiche sulla Sicilia e gravi pericoli che la minacciano in risposta ai cinque mesi di prefettura del cav. Ernesto Falconcini"; “Agli onorevoli deputati al Parlamento italiano"; "Un primo saggio di esemplare punizione e le prodezze del prefetto generale Medici nell'Irlanda d'Italia"; "Nuovi documenti segreti della polizia politica in Sicilia"; "Cenni sulla vita di Salvatore Vanasco": "Rimostranze al Governo"; "Osservazioni e proposte intorno alla legge da fare per la soppressione delle decime, precedute dai discorsi degli onn. La Porta e Cordova", reperibili nel normale circuito delle biblioteche nazionali.
Si presume che esistano altre opere non censite del nostro"' Vincenzo Macaluso morì povero al n. 4 di Piazza della Libertà in Roma, il 27 dicembre 1892, i suoi resti riposano nell’Ossario della Cappella del Sangue Sparso in Campo Verano.
Nel 1910 Canicattì rinominò una Piazza per dedicarla allo sfortunato Patriota, in tempi recenti la Municipalità di Comitini, memore dei fatti del 3 luglio 1859 ha dedicato una Via cittadina a Vincenzo Macaluso.

Da: Pietro Macaluso, Cenni sulla vita di Vincenzo Macaluso, in Rivelazioni politiche sulla Sicilia..., Edizioni della Fondazione Giovanni Guarino Amella, ristampa anastatica, 2003.


Vincenzo Macaluso di Paolo Scrimali

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